Ecco il cavallo di Troia che sconfiggerà il cancro
Non poteva che finire su Nature Biotechnology – una delle più autorevoli riviste scientifiche – la storia dell’infinitamente piccolo che cambierà il mondo. E a ben guardare lo sta già cambiando. Nanotecnologia. Milionesimi di millimetri. Concentrati di raffinata capacità, tutto microscopico e tutto sorprendentemente preciso.
Così piccolo e così potente. Contro il cancro più ostico, quello che non si cura.
Come il tumore alla mammella triplo negativo metastatico. Che colpisce a distanza dove la vita respira e si depura: ai polmoni e al fegato. “Per la prima volta si è dimostrata la capacità di curare metastasi polmonari ed epatiche. Abbiamo testato il farmaco, veicolato dalla nuova tecnologia, su un centinaio di cavie malate di tre tipi di tumori tripli negativi. E il risultato è stato straordinario: la metà dei topi è rimasta libera da metastasi per un tempo equivalente ai 20 anni di vita dell’uomo, il che equivale a una completa guarigione” ci spiega Mauro Ferrari presidente del Methodist Hospital Research Institute di Houston ed esperto di nanotecnologie applicate alla medicina.
La storia di questo ritrovato – che permette il formarsi di nanoparticelle in un punto preciso della cellula malata e poi di liberare il farmaco – affonda le sue radici vent’anni fa. “Non è un merito tutto mio perchè da soli non si fa niente – dice lui, Ferrari, che si votò alla ricerca contro il cancro dopo la morte della giovane moglie. Una laurea in matematica, un master in ingegneria meccanica, una seconda laurea in medicina. E quella semplicità da persona perbene che molti di noi hanno potuto apprezzare in occasione del caso Stamina. Lo scienziato che porta castagne e birra nella tenda dei fratelli Biviano, accampati davanti al Parlamento. Il numero uno del comitato nominato dal ministero che dialoga con le famiglie. Il professore che corre maratone assieme ai disabili per sostenerne le cause e i diritti. Insomma, questo è l’uomo di scienza. E quella che segue la prima tappa del suo lavoro. Cliccate qui.
Se non è merito soltanto suo, di chi altri è?
“Dell’intero gruppo che da anni mi affianca, ci sono fisici, chimici, biologi, medici ciascuno di loro ha dato un contributo fondamentale. Un nanofarmaco da solo non riesce a eliminare le metastasi, come non lo può fare una chemioterapia o un farmaco molecolare. Si è visto che per sradicare centinaia di metastasi e impedirne il riformarsi per un tempo lungo è fondamentale far agire il farmaco un punto preciso: dove non può essere attaccato dai sistemi di difesa del corpo, là dove resistono le staminali del cancro”.
Ma sul 50% dei topini non ci sono stati risultati…
“Non è proprio così. La prima metà è guarita, gli altri hanno avuto una sopravvivenza media che rapportata alla vita umana è di oltre 4 anni. Se pensiamo che oggi si approvano farmaci molecolari che garantiscono ai malati metastatici settimane di vita in più, qui stiamo parlando di 4 anni”.
Avreste potuto fare una pubblicazione anche solo su questa metà di topini.
“Esatto. Ma il primo risultato è senza precedenti, abbiamo visto regredire metastasi polmonari ed epatiche nel tumore triplo negativo”.
Come funziona la nuova tecnologia?
“Per riuscire a raggiungere le cellule maligne e superare il complesso sistema di barriere biologiche che proteggono il tumore, è necessario che i nanofarmaci vengano “costruiti” all’interno del cancro: come un cavallo di Troia che non va però trasportato ma creato dentro le mura”.
Chi dirige le operazioni?
“Grazie a una legge della fisica il ‘veicolo’ – iniettato nel sangue in forma liquida – attecchisce proprio sui vasi sanguigni che irrorano i polmoni o il fegato. È una particella di silicio porosa che costruiamo qui e che, dopo qualche ora che è nel corpo, si dissolve, rilasciando una matassa filamentosa che avvolge il farmaco, la doxorubicina. Quest’ultima riesce a entrare nelle cellule sfruttando le vie di trasporto cellulare. Ci sono voluti svariati tentativi prima di riuscire a capire quale fosse la sede migliore. Abbiamo sfruttato la termodinamica, l’acidità dei tessuti e le permeabilità delle membrane oltre a principi di progettazione fisico-matenatica e di ingegneria dei materiali”.
Perchè la doxorubicina?
“È stata scelta per la sua capacità di colpire le cellule che si stanno duplicando, ma può andar bene anche un altro farmaco. La dose che viene iniettata è pari a quella di un ciclo di chemioterapia con il vantaggio che non vi sono effetti collaterali. Le cavie non hanno mostrato nè sofferenza cardiaca nè renale e hanno mantenuto lo stesso peso”.
Quale casa farmaceutica ha sostenuto questa tecnologia?
“Nessuna, è un lavoro nostro, finanziato con fondi di ricerca federali degli Stati Uniti e dallo Stato del Texas. Nel nostro ospedale abbiamo contribuito costruendo un laboratorio Gmp adatto alla manifattura del nuovo farmaco con il rigore richiesto per una sperimentazione in clinica oncologica. Appena avremo l’approvazione della Fda contiamo di partire con la fase I e II (sicurezza ed efficacia sull’uomo) entro i prossimi 12-18 mesi”.
Avete già richieste di pazienti disponibili a testare la nanocura?
“Sí, stiamo creando un registro. Io sarò il volontario numero uno…”
Prego?
“Certo, tocca a me verificare la tossicità per primo. Come potrei dire a un malato ‘provalo tu’ …”
Infine, ma non da ultimo – come direbbero i latini – leggete qui. Mauro Ferrari diventa membro straniero dell’Accademia Nazionale della Scienza detta dei XL, tra qualche giorno ci sarà la cerimonia ufficiale. Dal 1770, dalla fondazione dell’Accademia, sono stati eletti 176 scienziato stranieri, fra i quali Einstein, Pasteur, Lavoisier, Benjamin Franklin e altri illustrissimi. Ferrari è il 177esimo prescelto e il 178esimo è Douglas C. Wallace.
Congratulazioni al professor Mauro Ferrari da tutti gli amici del blog.