Un altro tabù, l’Omeopatia
Ho visitato la scuola omeopatica Hahnemanniana diretta da Claudio Colombo, nel pavese. Avevo pronte le mie domande, a raffica, da come funziona l’Omeopatia, alle pubblicazioni. Avrei riempito il taccuino di repliche al professore farmacologo Silvio Garattini (“è solo acqua fresca”), cui va aggiunta la posizione dell’esperto di vaccini Roberto Burioni (“se qualcuno fa pipì nell’Oceano Atlantico, quella è all’incirca una diluizione omeopatica 10 CH, più concentrata delle diluizioni che trovate in farmacia, per cui meglio sperare che l’Omeopatia non funzioni”).
Invece, niente di tutto questo. Prima di raccontarvi della visita, però, è importante che vi precisi la mia posizione.
Sono cresciuta ignorando l’Omeopatia. Ho curato tossi e mal di gola delle mie figlie bambine con rimedi omeopatici senza sapere che lo fossero (poi i disturbi si risolvevano, ma, come insegna Garattini, i malanni passano da soli, basta saper aspettare).
Con gli anni, aumentando il mio interesse nei confronti della salute, ho scelto di provare i rimedi su me stessa. Se vi dicessi che mi sono decisa dopo aver ascoltato una trasmissione televisiva mentirei, perché ero già propensa a eliminare il più possibile i farmaci, stavo gestendo i postumi di chemio, di radio, carico di ormoni e contro-ormoni…insomma, ero pronta al cambiamento ma quel report televisivo, ammetto, mi ha acceso una lampadina. Non mi dilungherò sulla puntata (Ballarò, 5-5-16), chi fosse interessato può recuperarla leggendo qui. Non è stata la testimonianza della moglie del conduttore a incuriosirmi (benché fosse riuscita a evitare un intervento chirurgico inguinale al figlio di pochi mesi) ma la reazione del professor Garattini, prima (“è stata sicuramente una falsa diagnosi”) e del giornalista Mirabella, poi (“il Cicap dice che non è possibile”).
Così è: l’Omeopatia è diventata un altro tema tabù degli anni Venti del secondo Millennio. Una ricerca sui quotidiani del passato mi conferma che, dieci-vent’anni fa, l’argomento era presente sui giornali come qualsiasi altra branca della Medicina. Seguitissima la rubrica di consigli pratici del medico Elio Rossi che usciva settimanalmente nell’inserto di Salute del quotidiano La Repubblica. Se provate a rintracciare oggi quelle rubriche online, aimè, troverete molte pagine oscurate. In compenso, quando un fatto di malasanità o incompetenza professionale provoca morti e ha qualche riferimento all’Omeopatia, sui giornali si titola: “Morto di Omeopatia” che è come dire “morto di Cardiologia” (quest’ultimo incipit non lo troverete mai). Il titolista getta al macero, di botto, il buonsenso, la logica e le proprie capacità professionali attribuendo la colpa di un decesso, dovuto a un errore medico, alla disciplina. Perché lo fa?
Teniamo presente che le morti per errori medici in Italia non sono considerate, l’Istat non le prende in considerazione. Vi sono solo indagini sporadiche svolte da alcuni Ordini. Cliccate il sito di “Medicina a piccole dosi” per trovarne alcune.
Eppure si scopre, da un lavoro ventennale pubblicato sul British Medical Journal nel 2016, che gli errori medici rappresentano la terza causa di morte negli Usa, all’incirca 240mila persone su un totale di 2,6 milioni di decessi. Qui. Non è tutto. Vi sono anche i decessi da effetti collaterali da farmaci, secondo il report “Death of Medicine” ogni anno 2,2 milioni di americani finiscono in ospedale per un evento avverso e 106mila ne muoiono. Qui.
Neppure in beneficenza.
Curioso. I rimedi omeopatici si vendono, indubbiamente, ma il giro d’affari non è paragonabile a quello dei farmaci tradizionali: 300 milioni contro 25,2 miliardi di euro, sono i due fatturati nell’anno 2015 (fonte: “Processo all’Omeopatia”, Maria Sorbi. Ed. il Giornale) . Quindi non dovrebbero essere i motivi economici la causa della politica antiomeopatica. O sì?
Nel giorno dedicato alla raccolta farmaci per i bisognosi promossa dal Banco farmaceutico mi trovavo in una farmacia milanese, in centro. Informata dell’iniziativa, scelgo di donare il mio collirio preferito (i clienti venivano invitati ad acquistare un prodotto a scelta) “Quello non va bene”, mi dice il farmacista. Credendo che il problema fossero i liquidi, propongo una pomata di arnica. “Non va bene nemmeno quella, prenda l’aspirina”. “Ma non si era liberi di scegliere il regalo?” “Sì ma qui si tratta di omeopatia e non so se possiamo devolverla”. Replico: “Ma non è scritto da nessuna parte, sono prodotti che voi vendete e che da quest’anno hanno pure l’autorizzazione di immissione in commercio di Aifa”. Il farmacista era spazientito e io pure. Per fortuna, il volontario addetto alla raccolta ha telefonato al suo responsabile e ho potuto offrire in dono il collirio.
La scuola Hahnemanniana.
Nel rifiuto dell’Omeopatia convergono ideologia, interessi e ricerche estenuanti – pretestuose o in buona fede – di quantità di principi attivi per giustificarne l’azione: ma se i rimedi risultano tanto più potenti quanto più sono diluiti e dinamizzati, la spiegazione del come è possibile sarà altra rispetto alla presenza della dose-quantità, ad esempio potrebbe riguardare le onde, le frequenze, insomma la fisica più che la chimica. Non a caso studiosi di fisica come Emilio Del Giudice, Vittorio Elia o Carlo Ventura mostrano che “la comunicazione fra cellule avviene più velocemente tramite vibrazioni che attraverso segnali chimici”. Come si può escludere allora che una minima quantità di un prodotto dinamizzato abbia un qualche effetto?
La mia chiacchierata con Claudio Colombo, direttore della scuola Hahnemanniana, non ha nemmeno sfiorato le polemiche. I corsi, i libri e le presentazioni sono per medici e ricercatori o per chi sa che rimedi hanno un senso.
“Come è più semplice pensare che vi sia un ordine in Natura piuttosto che un disordine, così – spiega Colombo – è intuitivo ciò che Samuel Hahnemann (il medico che teorizzò l’Omeopatia nel volume Organon pubblicato la prima volta nel 1810) ha divulgato. In natura esiste, sotto forma di minerali, vegetali o animali, qualcosa di simile a ciascuno noi. Particelle piccolissime ma non per questo insignificanti. Il Principio era l’Uno che si è fatto carne separandosi”.
“Il medico che individua quali elementi prevalgono in noi ci aiuta a ritrovare l’equilibrio. Che è poi la salute. Si dà al corpo un input delicato e simile il più possibile alla personalità del paziente o a ciò che la malattia manifesta, e si intraprende il cammino verso l’autoguarigione che coincide anche con l’avvicinarsi alla maturazione personale e alla consapevolezza. Per ogni persona vi possono essere più rimedi ‘unici’ e si somministrano uno per volta. Dopo anni di studi e di pratica ho scelto di usare le potenze cinquantamillesimali LM (sono le più diluite e potenti descritte da Hahnemann nell’ultima edizione dell’Organon pubblicata postuma nel 1920)”.
Ma Colombo non si ferma qui. Individua una trama fra alchimia, ermetismo e omeopatia. Per chi fosse interessato, suggerisco il libro “L’evoluzione in settenari in Omeopatia Hahnemanniana” (ed. Mediterranee) che l’autore considera l’eredità ricevuta da un suo maestro di vita, lo studioso e alchimista Paolo Lucarelli. Dopo una prima parte teorica, ne segue una seconda dedicata alle potenze, alle malattie e alle fasi di cura in settenari. Si legge che “l’essere umano è un microcosmo e non esiste nulla nel mondo che non sia presente anche nell’uomo” ecco perché “solo il simile può capire il simile”. Poiché: “L’universo origina da un’unica fonte energetica e in virtù di questa paternità vi è comunione tra tutte le cose del mondo”. E ancora: “Per un alchimista (e un omeopata) la Natura opera per vie misteriose ma perfette ed ogni corpo della manifestazione possiede un aspetto materiale che mai potrebbe essere considerato tale se non ci fosse uno Spirito che lo rende vivo…”
“…[…] noi vediamo, sentiamo, parliamo, pensiamo ma non sappiamo quale energia ci fa vedere, sentire, parlare, pensare e quel che è peggio è che non ce ne importa nulla. Eppure noi siamo quella energia, questa è l’apoteosi dell’ignoranza dell’uomo […]”. (Albert Einstein)