Quando le scuole non rispettano la legge sui vaccini
Questa è la storia di due bambine espulse da scuola a tre anni. Una storia ben raccontata della mamma Chiara Tinuzzo in un’intervista a ByoBlu che riporto sotto per intero. Ma è anche una storia emblematica perché resa possibile dall’ignoranza di una legge molto discussa, la 119/2017 sui vaccini, tuttora in vigore.
Siamo stati fra i primi a criticare questa legge e vi abbiamo dedicato svariati articoli. L’abbiamo disapprovata perché l’assunzione di un farmaco-vaccino non può coincidere con un’ imposizione e neppure può avvenire sotto ricatto come è evidente dal rischio che ogni medicinale porta con sè e dai consensi informati. Abbiamo mostrato diverse volte che non regge neppure la scusa di dover proteggere i bambini “immunodepressi”, altrimenti anche maestre e bidelli verrebbero obbligati a 10/12 vaccini e conseguenti richiami fino alla pensione ma soprattutto verrebbe rispettato il periodo di quarantena di ogni vaccinato potenzialmente contagioso come indicato sui bugiardini dei medicinali: “Chiunque venga vaccinato con un vaccino a virus vivo, non deve entrare in contatto con donne incinte, neonati e persone immunodepresse per un periodo compreso fra i 7 giorni e le tre settimane”.
Tuttavia, in questa occasione ci troviamo a ”difendere” formalmente il testo della 119. La legge non dice né che i bambini che non hanno fatto una o più vaccinazioni debbano essere espulsi, né che i direttori degli asili o le maestre debbano conoscere quanti vaccini hanno fatto gli alunni.
Cosa dice la legge.
Il ruolo delle scuole è quello di ricevere i documenti dai genitori e inviare alle Asl l’elenco degli iscritti.
Secondo l’articolo 3 bis, comma 2, cliccate qui, spetta alle Asl, una volta ricevuti i documenti, specificare chi non è in regola.
Non è in regola chi: non ha fatto i vaccini e non ha presentato richiesta di esonero, o omissione o differimento certificata da ASL e pediatri (da qui si capisce che nelle classi vi possono essere anche bimbi non vaccinati ma in regola con la legge) e, attenzione, chi non ha presentato formale richiesta di appuntamento alla ASL. Se ne deduce che chi presenta alla scuola la lettera di appuntamento con l’azienda sanitaria è in regola con la legge 119.
Quindi, recita l’articolo 5, che “per le scuole dell’infanzia la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti, comporta la decadenza dall’iscrizione”.
Ripeto a ulteriore chiarimento: le scuole materne per la legge 119 considerano in regola chi presenta i documenti indicati, nei termini previsti. Mamma Chiara era in possesso di una lettera di appuntamento con la ASL per le due gemelline. Documento che la scuola ha ignorato, anzi, non ha nemmeno richiesto.
Nonostante ciò, il primo giorno di scuola, le bimbe, regolarmente iscritte, non sono potute entrare nelle classi assieme agli altri bambini perché un cordone di agenti in borghese e di vigili in divisa ne ha impedito l’accesso.
In segno di protesta Chiara ha iniziato uno sciopero della fame durato cinque giorni (!!!) e ha dormito per tre notti in macchina, fuori dalla materna. Chiara, che è anche lei insegnante, ha ricordato che “non esiste una legge che preveda l’esclusione dalle scuole. È previsto l’allontanamento temporaneo in casi gravi e per alunni più grandi ma anche in questo caso la sospensione deve essere preceduta da una procedura”.
L’asilo che ha respinto le bambine ha replicato “di aver applicato la legge 119”.
Qui trovate l’intervista per intero.
In segno di solidarietà alle gemelline escluse si è tenuta anche una fiaccolata. Cliccate qui.