Questioni di alluminio
È partita una campagna informativa sull’uso dell’alluminio in cucina. Curata dal ministero della Salute (cliccate qui), è rivolta a tutta la popolazione. Pentole, caffettiere, imballaggi, lattine, borracce, pellicole per alimenti, in alluminio, possono trasmettere particelle e ioni ai cibi che mangiamo.
Di questo metallo si sa che può interferire con il metabolismo del ferro, del magnesio e del calcio. Per descriverne gli effetti gli studiosi parlano di “inibizione dell’attività enzimatica”, di blocco “della sintesi proteica” e di modifiche alla “permeabilità della membrana cellulare”. Non solo. Si sa che provoca stress ossidativo nel tessuto cerebrale e si calcola che, nel cervello, vi persista accumulandosi per almeno sette anni (emivita. Cioè si dimezza in sette anni, diventa un quarto dopo altri sette anni e così via).
Neurotossico.
La neurotossicità dell’alluminio fu conosciuta in tutto il mondo dopo l’incidente di Camelford, in Cornovaglia, nel luglio del 1988: qui, per errore, furono sversate nell’acquedotto diverse tonnellate di solfato di alluminio. Le Autorità rassicurarono che sarebbe bastato aggiungere del succo di frutta all’acqua da bere, per coprirne il gusto sgradevole. Solo 16 giorni dopo scattò l’allarme e furono presi provvedimenti. Molti abitanti che ingerirono acqua contaminata ebbero danni cerebrali e l’alto tasso di alluminio fu ritrovato nel cervello delle persone morte a distanza di anni.
Cliccate qui.
Sempre più studi vedono coinvolto questo metallo in molte malattie, soprattutto neurologiche e immunitarie (alzheimer, autismo), cliccate qui. È discusso se abbia un ruolo nell’origine di alcuni tumori (mammella e sarcomi negli animali), cliccate qui e qui, perciò come adiuvante è stato tolto dai deodoranti.
Con questa campagna il ministero chiarisce chi siano i soggetti che rischiano di più gli effetti dannosi dell’ingestione del metallo: anziani, bambini sotto i 3 anni, donne in gravidanza e persone con malattie renali. I consigli su come usare imballaggi e pellicole alimentari verranno diffusi sui social e sui siti web che si occupano di cucina (evitare il contatto con cibi acidi o salati e non esporre l’alluminio alle alte temperature).
Alluminio e autismo.
Vi sono due studi che mostrano un’elevata presenza di alluminio nei tessuti cerebrali di soggetti malati di autismo. Tuttavia, l’argomento è oggetto di discussioni molto aspre tra chi ritiene che vi sia una relazione di causa-effetto e chi la nega. Le Autorità sanitarie la negano. La letteratura scientifica su questo è discordante. Possibile, secondo alcuni ricercatori, che l’infiammazione provocata dal metallo “accenda” una predisposizione latente. Cliccate qui.
Il parere degli esperti.
La campagna del Ministero è partita quest’anno, con ritardo rispetto all’inchiesta giornalistica di Striscia la Notizia che fece scalpore nel dicembre 2017. Qui. Due i professori interpellati dell’Università degli Studi di Milano, Veniero Gambaro, del dipartimento di Scienze farmaceutiche e Paola Fermo del dipartimento di Chimica. Gambaro analizzò il contenuto di alluminio in un pomodoro prima e dopo l’esposizione all’involucro di alluminio. Con stupore osservò che i 3ng/g (nanogrammi per grammo) di metallo naturalmente presenti nel frutto salivano a 300ng/g quando questo veniva avvolto dalla pellicola. La Fermo valutò il livello di alluminio in un pesce al cartoccio. Prima di cucinarlo non vi erano tracce di alluminio, dopo: 40mg per kg di pesce.
Il livello riscontrato nel pomodoro inquinato è 300 nanogrammi per grammo. Il che equivale a 300 microgrammi al kg. Il professor Gambaro spiega che si tratta di una notevole quantità. Ricordiamo che un microgrammo equivale a 0,001 milligrammi. Entrambi i docenti fanno capire che l’inquinamento dei cibi con l’alluminio sia preoccupante e da evitarsi.
Osservazione. Non tutto l’alluminio ingerito viene assimilato ma solo una minima parte (circa il 3 x mille quello presente nei cibi e 1 x mille se contenuto nelle bevande).
Dimenticanza?
Alla luce di quanto detto proviamo a paragonare i quantitativi di alluminio considerati preoccupanti nei cibi a quelli che si ricevono con i vaccini (sappiamo che l’alluminio è inserito in molti vaccini come adiuvante) e che, in questo caso, tutto il metallo entra nell’organismo.
Fra esavalente e anti pneumococcica, come previsto nel Piano nazionale vaccini, la quantità di alluminio somministrata a un lattante di due mesi è 0,945 mg (!!!)
Così osserviamo che la dose considerata sicura per un lattante supera alla grande quella ritenuta preoccupante per un adulto, se ingerita. (anzi: assorbita dall’intestino).
Nell’esperimento del pomodoro avvolto in alluminio un adulto finisce per assorbire una quantità di metallo di oltre 1000 volte inferiore a quella iniettata nel lattante (in proporzione al peso 14.651 volte inferiore); nel caso del pesce al cartoccio (1 kg), la dose è di 7,9 volte inferiore (in proporzione al peso: 110,5 volte inferiore). Perciò un adulto dovrebbe mangiare 110 kg di pesce al cartoccio per assorbire la stessa quantità di alluminio di un lattante (in rapporto al peso) alla sua prima seduta vaccinale. Ma le vaccinazioni non si esauriscono con la prima!
Ringrazio il dott. Fabio Franchi, infettivologo, per gli utili consigli e per il controllo dei calcoli. Qui trovate le sue fonti. E qui i calcoli più dettagliati.
PS. L’alluminio è inserito nei vaccini come adiuvante (ABA) ma non è mai stato testato separatamente dai vaccini. Cliccate qui.
PS. Nel 2003 furono le associazioni di medici a chiedere vaccini sprovvisti di mercurio e il ministero era d’accordo.