È stata una pronuncia politica quella della Corte Costituzionale arrivata ieri dopo lunga attesa. Sui quesiti posti dai vari tribunali riguardanti la legittimità costituzionale dell’imposizioni delle vaccinazioni si potrebbe discutere tanto e approfonditamente come stanno facendo da giorni esimi giuristi.

Il verdetto non ci stupisce. Eravamo già preparati a una politica strabordante e vuota. La pretesa di infilarsi nelle vite di ciascuno con il ditino alzato per dirci ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E guai sennò.

E che dire  di quel senso di responsabilità che dovrebbe investire chi svolge un ruolo per la collettività? Un simulacro. Ecco perché eravamo preparati alla pronuncia di ieri. Pronuncia arrivata sotto forma di comunicato stringato (leggeremo in seguito le motivazioni).

I presupposti 

Ricordate la bimba ricoverata per un tetano che non era tetano e il tentativo di togliere la patria potestà ai genitori? Fu tutto più un clamore di telegiornali che di sostanza, la vicenda si risolse bene, nel silenzio, ma il rumore servì a creare il terreno adatto alla legge sull’obbligo vaccinale nell’infanzia.

Ricorderete anche i piccoli con leucemia morti di morbillo e sempre la politica pronta ad addossare la “colpa” ai fratellini “pericolosi no vax”. Le accuse non furono motivate in un tribunale ma urlate sulla stampa, pessimo esempio di sciacallaggio e di scempio di sentimenti. Non ci fu alcun contagio da parte dei fratellini. Le scuse ? Non pervenute.

Si può risalire ancora più indietro. Al caso Stamina o alla vicenda Di Bella. Con la politica ad ammonirci “che i figli non sono nostri ma dello Stato  e che, se non ce la si fa “a gestire la malattia, c’è sempre l’accompagnamento (alla morte)”.

Eravamo preparati.

Eppure in Grecia l’Alta corte ha formulato una sentenza opposta, l’obbligo vaccinale per i sanitari è incostituzionale – fa notare una lettrice – ed è successo poche ore prima che da noi.

Si capisce che il popolo greco ha sofferto di più, spesso la strada del dolore è una via obbligata.

Aut aut. Accettare o obiettare

Che fare, dunque?

Alla prossima emergenza saremo allo stesso punto, costretti ad accettare un filotto di punture per poter lavorare o studiare. È davvero così?

Si può sempre praticare l’obiezione di coscienza: come si faceva una volta per il servizio militare: o ci si rendeva utili alla società o si imparava a maneggiare armi. O come fanno oggi i medici che scelgono di non praticare aborti oppure come quei malati che rifiutano le trasfusioni di sangue o, ancora, i musulmani che non consumano carne di maiale e si vedono riconosciuto il diritto nelle mense pubbliche. Si dice no. Sono no dettati dall’obiezione di coscienza, supportati anche da leggi e da sentenze.

È anche vero però che chi rifiuta i vaccini oggi perché ne teme le conseguenze sulla propria salute o perché non vuole proteggersi con un farmaco coltivato su cellule fetali ha vita più difficile di un musulmano che respinge il prosciutto, è il clima dettato dal nostro momento storico (puoi cambiare sesso o abortire da bambino ma se non vuoi vaccinarti la pagherai…)

Non si  trovano più istituzioni pubbliche disposte a rispettare il basilare diritto. Anni fa ci si poteva astenere dalle cosiddette vaccinazioni obbligatorie per l’infanzia attraverso un iter, denominato obiezione di coscienza, proposto dal Comilva. Lo Stato e le Asl prendevano atto della scelta e i bambini erano comunque accolti negli asili e nelle scuole. Oggi, non solo si vieta il diritto all’istruzione, ma le famiglie che compiono una scelta del genere vengono bullizzate e perseguitate.

Chi obietta ha vita difficile dovendo occuparsi dell’istruzione dei figli, spesso ha anche da digerire il rimorso di far rinunciare loro uno sport di squadra. Deve essere pronto a ritirarsi dal lavoro, eventualmente anche prepararsi a ricorsi in tribunali, ergo: per dire questo no bisogna essere ricchi o perlomeno benestanti.

Ma si può fare. Non c’è mai un’alternativa sola.

Ps. importante, l’obiezione vale solo per chi una coscienza ce l’ha.

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