Le politiche per l’infanzia che non ti aspetti
Si fa spesso riferimento alla scarsa natalità quale indice di potenziale declino del nostro paese, in quanto, in prospettiva, non in grado di sostenere l’equilibrio necessario per compensare le nascite e le morti. In questi anni (e le previsioni da qui al 2050 sembrano seguire questo trend) il dato riguardante la popolazione residente subisce due influssi: il minor numero di nuovi nati, che dovrebbe far ridurre la base della popolazione residente, viene compensato dall’allungamento della vita media della popolazione residente e dai flussi migratori in entrata in Italia. I risultati sono molto evidenti: l’età media della popolazione italiana sta sensibilmente crescendo, come pure il tasso di cittadini di provenienza straniera (UE ed extra UE) e di quelli nati sul suolo italiano ed ivi residenti, ma privi di cittadinanza (la fascia di popolazione interessata dallo ius soli per intenderci).
Tra le motivazioni al calo di nascite spesso viene additata la mancanza di programmi specifici a sostegno della natalità. Secondo un’analisi condotta da Statista su dati UNICEF/OECD, l’Italia si colloca al 19 posto all’interno dei paesi della UE considerando alcuni parametri collegati alle politiche a sostegno delle nascite. Tali parametri sono gli aiuti ai genitori, ovvero i congedi parentali retribuiti alle madri, ai padri, sussidi per i bimbi al di sotto dei 3 anni e i sussidi erogati per i bambini dai 3 anni all’accesso alla scuola primaria.
Si tratta di un buon risultato? A guardare la classifica vediamo che a parte la Gran Bretagna tutte le altre grandi nazione europee sono collocate in posizioni migliori (Spagna, Francia, Germania).
Le risposte alla politica e alle politiche che possono incidere in modo consistente su questi parametri e soprattutto su questo scenario.