Scommetto quindi sono
Secondo il rapporto sul gioco d’azzardo redatto da Nomisma nel 2020 il volume complessivo di gioco ha raggiunto gli 88,38 miliardi di euro. Il 12% degli incassi finisce – per legge – nelle casse dello Stato: si tratta di circa 10,5 miliardi di euro. Sempre secondo il rapporto sono i giochi di carte o abilità a costituire la principale fonte della raccolta da gioco (37,5 mrd), seguiti da newslot e vlt (18,97 mrd), scommesse a base sportiva/ippica (11,34 mrd), lotterie e gratta e vinci (8,17 mrd), lotto (6,41 mrd), scommesse virtuali e betting exchange (3,81 mrd), giochi numerici a totalizzatore (1,26 mrd) e, infine, Bingo (0,92 mrd). Al netto di tutto quello che di illegale possa esistere nel paese. Nonostante la contrazione del volume di affari del 2020 (primo anno pandemico) con un -17,3 rispetto al 2018, è cresciuta la quota di gioco a distanza (ovviamente) con un +27% che potrebbe però rivelarsi a pandemia finita un canale che può consolidare le abitudini di gioco.
Interessante l’analisi per target che rivela come molti giovani ( quasi la meta dei 14-19 enni) si rivolgano alla dea bendata per tentare la sorte o nel caso di scommesse sportive l’abilità nel prevedere il futuro. Il rapporto stima inoltre che «il 9% dei giocatori ha sviluppato nell’ultimo anno attitudini al gioco problematiche, nelle quali si ravvisano sintomi in grado di generare effetti negativi sia sulla sfera psico-emotiva (ansia, agitazione, perdita di controllo) che su quella delle relazioni (famiglia, amici, scuola). In più, l’11% dei giovani che hanno giocato negli ultimi 12 mesi è considerato un giocatore “a rischio”.»
L’altro grande segmento di giocatori ufficiali sono gli over 65 che hanno nel 40% una consuetudine pluri decennale e alcune abitudini consolidate (su tutte il lotto e la lotteria Italia). Nel tempo sono spariti giochi a premi popolari, su tutti la schedina del calcio, e sono proliferati nuovi modi di scommettere (su tutti il gratta e vinci). La domanda che mi pongo è: in un’economia sofferente come la nostra, sempre alla ricerca di risorse e coperture finanziarie, è davvero riuscito lo Stato a mettere a posto l’incresciosa vicenda della mancanza di controllo (con conseguente danno erariale) praticato sui concessionari?