Pretendiamo la stessa attenzione e lo stesso rigore nei controlli fiscali ai commercianti italiani anche per quelli cinesi
La crisi economica colpisce, sempre di più, le piccole attività commerciali nel nostro Paese. Costrette spesso a chiudere i battenti per colpa delle tasse, della burocrazia e anche per mano della concorrenza sleale delle attività cinesi. Ma, vi siete mai chiesti, come fanno i negozi cinesi a sopravvivere alla dura legge del mercato in Italia? La risposta potrebbe sembrare complicata, invece non lo è. Si tratta di negozi che sorgono in aree delle nostre città dove è difficile, spesso per altri commercianti, insediarsi ed avere successo e che vendono un po’ di tutto: prodotti per la casa, vestiario, giochi per bambini, attrezzi e prodotti per l’igiene. Bazar, insomma, nei quali è possibile trovare qualunque cosa a bassissimo costo.
Ci sono alcuni esercizi intestati e gestiti da cinesi che per un anno, un anno e mezzo portano avanti una direzione esemplare. Battono tutti gli scontrini, al centesimo, pagano i fornitori e le fatture. Irreprensibili. Poi cosa accade? Passati i primi 12-18 mesi ecco che cambia il titolare, cambia la ragione sociale e si ricomincia tutto da capo perfettamente in regola, ma lasciando un buco di tasse evase impossibile da recuperare. In pratica una vera e propria truffa allo Stato che ogni anno fa perdere alle casse dell’erario milioni di euro di imposte non pagate. Il trucchetto è semplice e quando l’autorità preposta ai controlli riscontra un illecito, arriva dalla Cina un soggetto che svolge le pratiche per rilevare l’attività pagando tutto ciò che c’è da saldare e poi, quando si devono pagare le tasse, sparisce. Arriva al suo posto un connazionale e si ripete lo stesso ciclo. Chi verifica non può fare nulla. Naturalmente, senza generalizzare, si evidenzia una prassi ormai consolidata.
L’Associazione Contribuenti Italiani, ultimamente, ha studiato i dati sugli imprenditori e commercianti cinesi che non pagano le tasse nel nostro Paese. L’Italia si trova al primo posto in Europa per l’evasione fiscale della comunità cinese presente sul territorio italiano. Il presidente dell’Associazione, Vittorio Carlomagno, propone addirittura di: “Non rinnovare il permesso di soggiorno a tutti gli immigrati che non risultano in regola con il pagamento di imposte e contributi”. Questa non è di certo una proposta fuori luogo, anzi rappresenta un messaggio chiaro e diretto a tutti gli extracomunitari che hanno intenzione di raggiare il fisco italico. Analizzando i dati emerge che nei distretti dove la comunità cinese è fortemente presente, si è rilevato un indice di evasione del 98%. Bisogna subito rafforzare i poteri di verifica e i controlli fiscali. Da sola la Guardia di Finanza, che da tempo opera con successo sul fronte dell’evasione, non può fronteggiare tutte queste pratiche. Emerge che le tasse evase, in maniera più decisa, sono le imposte locali, ma anche l’Irpef e l’Iva.
In moltissime aziende o negozi cinesi, controllati nel nostro Paese, sono state trovate irregolarità che hanno portato a sanzioni amministrative e violazioni penali. Con la drastica manovra finanziaria imposta dall’UE all’Italia si annunciano sacrifici, tagli ai servizi erogati, introduzione di ticket e aumenti, ma non per tutti. Far finta di niente è una forma di accomodamento, significa contribuire a porre le basi per un impoverimento della società. Pretendere che questo lavoro di controllo venga fatto da tutte le Forze dell’Ordine congiunte, non è forse realistico? La lotta all’evasione fiscale dovrebbe essere in testa al programma del governo a cominciare dalle situazioni più evidenti, quelle sotto gli occhi di tutti. Ma il nostro governo è concentrato solo ed unicamente a bastonare e multare gli imprenditori italiani. E questa è una vergogna. www.AndreaPasiniTrezzanoSulNaviglio.com