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Non è la prima volta che in Italia un governo opera in regime di prorogatio (cioè resta in carica per il disbrigo degli affari correnti). Accadde nel 1996 al governo Dini per 127 giorni, mentre solo un giorno in meno durò il governo Andreotti V nel 1979. Insomma, l’Italia è per prassi abituata all’ingovernabilità. La Prima Repubblica è piena di esecutivi balneari, che duravano giusto per il periodo feriale (in modo tale da permettere a Dc e Psi di riorganizzarsi al proprio interno). E anche la Seconda Repubblica è nata all’insegna di quei vecchi rituali perché ai suoi albori fu commesso il peccato originale: impallinare il governo Berlusconi I democraticamente eletto. Il governo Dini, che sopravvisse a se stesso (senza che fosse possibile mettere in piedi un esecutivo Maccanico) , ne è uno degli esempi più lampanti.

Antonio Guglielmi di Mediobanca Securities, nella sua consueta Wake Up Call, ci ricorda però che la proposta grillina di un esecutivo tecnico in prorogatio (Monti o chi per lui) avrebbe una sua ratio:

  1. Il disbrigo degli affari correnti sarebbe garantito
  2. Pd e Pdl potrebbero evitare compromessi difficilmente digeribili (e se restasse Monti anche un nuovo voto di fiducia)
  3. Grillo potrebbe condizionare dall’esterno l’agenda dell’esecutivo.

In Belgio la cosa ha funzionato. Il Paese è rimasto per 540 giorni (un anno e mezzo) senza governo e l’economia è andata benissimo. Solo che l’Italia ha una cultura troppo politicista per seguire quel bell’esempio (molti connazionali infatti credono che sia la politica a dover rispondere ai problemi quotidiani, ai belgi basta che lo Stato funzioni e soprattutto che funzionino la Vallonia e le Fiandre). Ecco perché, conclude Mediobanca, la migliore soluzione sarebbero le elezioni anticipate, ma per indirle evitando una nuova impasse servirebbe una nuova legge elettorale. E per legiferare serve una maggioranza oltreché i presidenti di Camera e Senato (sui quali ancora non c’è accordo). Ecco perché, secondo Guglielmi, «o si trova un’intesa o sarà l’inizio dell’implosione delle istituzioni politiche».

Wall & Street 

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