La Borsa aspetta le casalinghe
Attenzione! Questo post non è né sessista né, tantomeno, maschilista. Il fatto è che in Germania si chiama «rialzo della casalinga», il picco degli indici di Borsaderivante da acquisti massicci non solo degli investitori professionali, ma anche dei piccoli risparmiatori. Per un operatore tedesco quando le casalinghe iniziano a controllare l’andamento dei listini, significa che è arrivato il momento di vendere perché si è avvicinato al mercato anche il grande pubblico, quello che resterà con il cerino in mano quando i corsi, inevitabilmente, prenderanno la strada del ribasso.
Messa così, potrebbe sembrare che la Borsa sia una trappola per topi. In realtà, non è così. Significa solo che quando i mercati sono in rialzo, è giunto il momento di prendere profitto. E chi primo arriva meglio alloggia.
Ma noi a che punto della notte siamo arrivati? La crisi continua a produrre i suoi effetti nefasti, in Italia la disoccupazione si appresta a segnare nuovi record e anche quest’anno il pil calerà. Eppure, mentre tutto intorno a noi sembra andare a scatafascio, negli Stati Uniti l’indice S&P500 ha segnato proprio ieri un nuovo record storico consolidando sopra i 1.600 punti, un livello mai visto prima, nemmeno quando il primato dell’economia americana era considerato un dogma.
Wall & Street vi possono spiegare la causa di questo fenomeno: la massa di liquidità riversata sui mercati dalle banche centrali è la causa di questi rialzi. La Fed statunitense, la banca centrale giapponese e, in misura minore, la Bce mettono danaro in circolazione sperando che questo possa servire a far ripartire le economie. Il risultato è che gli investitori prendono a prestito soldi a tassi molto bassi e cominciano a speculare cercando di lucrare sulla differenza. Se il danaro costa più o meno zero, qualsiasi rendimento positivo è un guadagno assicurato.
Eppure, racconta Michele de Michelis di Frame Asset Management, non è raro assistere ad alcuni paradossi: grandi fondi di investimento realizzano performance molto mediocri, mentre emittenti generalmente considerati poco affidabili come il Rwanda hanno piazzato intere emissioni di titoli di Stato al 6,87%, praticamente il tasso dei Btp nel momento di massima crisi da spread.
Perché accade tutto questo? «In questo momento – aggiunge de Michelis – non esiste un porto sicuro per il danaro perché tutti sono alla ricerca di rendimento: fondi che adottano strategie molto prudenti puntando su titoli di Stato con rating “tripla A” (come Germania e Usa) o sull’oro rischiano di perdere l’ondata dei rialzi».
E quindi? «In situazioni come queste – conclude – bisogna pensare che se vi fossero dei default, coinvolgerebbero anche gli Stati ritenuti più sicuri. Anche il ribasso dell’oro, tradizionale bene rifugio ne è un sintomo. Meglio puntare su titoli azionari di società con poco debito e su obbligazioni indicizzate all’inflazione, preferibilmente attraverso fondi specializzati». Il ragionamento è molto semplice: anche se le Borse vanno bene, non è detto che la pacchia continui, ma aprire l’ombrello anche adesso che sui mercati c’è bel tempo non ha molto senso, meglio cercare il rendimento e mettere fieno in cascina. Anche se si realizzasse la sventura che l’economista Nouriel Roubini preconizza sempre – l’esplosione a catena di bolle speculative generate dall’eccesso di liquidità – ci si preparerebbe ai tempi di magra con le spalle ben coperte. Evitando di finire vittima del «rialzo della casalinga».
Wall & Street