Se le banche italiane hanno gli archivi informatici pieni di mutui, leasing e più in generale di prestiti diventati inesigibili come fossero cambiali scadute, la responsabilità è quasi tutta da cercare nella «cattiva gestione» prodotta dagli stessi  vertici degli istituti. La stoccata è del leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, che torna così ad incrociare le lame con il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli.

Secondo il leader del primo sindacato del credito, il cosiddetto «impatto sociale» sui volumi delle sofferenze bancarie  si ferma infatti  al 15,6% : «In pratica, caro Patuelli, le 924mila posizioni in sofferenza su crediti fino a 25mila euro rappresentano circa 20 miliardi sui 133 complessivi, mentre i crediti inesigibili superiori a 125mila euro arrivano a toccare la percentuale del 72,6% e i super debitori, quelli con debito superiore a 25 milioni di euro, pesano per l’11,7%», attacca Sileoni facendo così precipitare  il macigno delle sofferenze sul campo di battaglia Abi-sindacati che deciderà  il modello di banca del futuro: il contratto che regola la vita dei 303mila bancari italiani è stato disdettato da Palazzo Altieri in anticipo rispetto alla scadenza naturale di giugno 2014, premettendo che in mancanza di un accordo con le forze sociali, il settore è pronto a essere regolato dai soli accordi aziendali. Sebbene il tavolo sia formalmente saltato e i sindacati, dopo la serrata di fine ottobre,  abbiano proclamato altre 15 ore di sciopero entro gennaio, le trattative sottotraccia stanno proseguendo: il capo del Casl è Francesco Micheli che è anche direttore generale di Intesa Sanpaolo, di cui è il fine uomo-macchina.

Pochi giorni fa, Patuelli aveva invece evidenziato come  le sofferenze fossero un fenomeno dal grave impatto sociale:  a giugno le sofferenze pesavano appunto già 133 miliardi sui bilanci dell’industria bancaria, cui sommare altri 200 miliardi di incagli. Una situazione da film horror, tanto che il governo è intervenuto con la Legge di stabilità introducendo un regime fiscale più favorevole dell’attuale e sostanzialmente allineato a quanto accade nel resto d’Europa.

 

 «Nonostante le dichiarazioni del direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, vadano esattamente nella direzione opposta, Patuelli vuole dimostrare che non c’è disattenzione nella gestione del credito da parte delle banche, vuole far passare il messaggio che le sofferenze non sono figlie di una cattiva gestione del credito erogato sempre ai soliti noti», rincara la dose Sileoni sottolineando come i crediti detriorati siano  «sistematicamente inseriti nei piani industriali dei grandi gruppi bancari e  scaricate sui lavoratori anche in termini di recupero dei costi. Come dire: la cattiva qualità del credito è colpa dei lavoratori bancari».

E non è un caso – prosegue senza mezzi termini la Fabi –  che gli affidamenti a partire da 125mila euro rientrano nelle autonomie e nelle competenze delle direzioni generali, dei consigli d’amministrazione e dei consigli di gestione delle banche. «Se un bancario sbaglia – conclude Sileoni – può rischiare il licenziamento, mentre quei manager che hanno contribuito a raggiungere la cifra record di 133 miliardi di sofferenze stanno ancora lì al loro posto, strapagati e impuniti».

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