«Amicus Plato, sed magis amica veritas»

(Aristotele, Etica Nicomachea, I, 6, 1)

Wall & Street non si sono mai accodati all’ondata di moralismo qualunquista che spesso censura banche e banchieri a prescindere dalle loro effettive responsabilità. Soprattutto quando parliamo di crisi e di mancanza di lavoro non ci sogniamo di incolpare unicamente il sistema del credito, vincolato da rigide regole di bilancio, dei mancati finanziamenti che potrebbero far ripartire l’economia italiana.

Ci sono, però, casi di cronaca che non aiutano nè la reputazione delle banche nè l’opinione pubblica a formulare  un giudizio oggettivo sull’industria del credito. Vi parliamo qui di come l’Abi, l’associazione che rappresenta le banche italiane (e ne difende la lobby), è rimasta impantanata nello scandalo Carige e del suo ex presidente Giovanni Berneschi. Il banchiere, che per decenni ha regnato su Genova, ora accusato dalla Procura di aver portato a termine delle operazioni illecite a prezzi gonfiati, da cui avrebbe ricavato 21 milioni a danno della cassa di risparmio ligure insieme ad alcuni complici. Il denaro sarebbe poi stato reinvestito in Svizzera nell’ambito di una storia punteggiata di “spalloni”, contabilità parallele e “talpe” nelle forze dell’ordine

Berneschi, malgrado fosse da qualche giorno agli arresti domiciliari, ha atteso di essere destituito dalla vicepresidenza di Palazzo Altieri con un atto di forza, differenziandosi così da  Giuseppe Mussari, ex numero uno del Monte dei Paschi. L’avvocato calabrese, infatti, avallò operazioni spericolate in derivati per abbellire i bilanci dell’istituto di Rocca Salimbeni e garantire qualche dividendo alla Fondazione Mps. Per non trascinare con sé l’Abi si dimise, però, dalla carica. Al suo posto fu eletto Antonio Patuelli, a cui fu affidato l’ingrato compito di recuperare per tutto il sistema quella credibilità che le inchieste giudiziarie gli hanno progressivamente sottratto (non dimentichiamo che i casi Cirio, Parmalat e Tango bond hanno pesato molto sulla reputation).

 

 

Ora Patuelli si è trovato sul tavolo una nuova patata bollente ed è ricorso a una soluzione di compromesso, molto arzigogolata.  Il presidente di Banca Carige, Cesare Castelbarco Albani, ha convocato il cda della controllata Cassa di Risparmio di Carrara, dove Berneschi aveva mantenuto una carica malgrado lo scorso anno fosse stato detronizzato dalla casamadre sotto l’occhio attento di Bankitalia, per deliberarne la sospensione. In seguito il board di Carige designerà  il suo nuovo rappresentante  in Abi e questa ne ratificherà il debutto in consiglio giovedì 29 maggio.

In un’intervista al Sole 24 Ore Patuelli ha inoltre anticipato che nella prossima assemblea dell’Abi sarà proposta una modifica dello statuto per intervenire con più sollecitudine in casi analoghi.

 

Più che i tecnicismi, pesa però qui l’amaro e tagliente commento sullo scandalo Carige sfuggito a caldo all’amministratore delegato di  Intesa Sanpaolo, Carlo Messina: «Abbiamo avuto pure un presidente dell’Abi che ha avuto problemi in passato e quindi abbiamo un buon track record» come associazione dei banchieri, ha detto riferendosi alla vicenda di Mussari. Insomma, il numero uno della maggiore banca italiana ha lasciato trapelare quello scontento che molti banchieri dentro sé celano, quando il loro ruolo viene messo in discussione per via di simili accadimenti.

Patuelli, che è liberale e garantista, ha applicato la normativa vigente. Siamo garantisti anche noi, ma questo non ci esime dal sottolineare che un intervento ancor più incisivo e meno leguleio (pur ribadendo il principio di non colpevolezza fino all’ultimo grado di giudizio) avrebbe sicuramente fatto più effetto. Anche per eliminare qualsiasi pregiudizio. Per riaffermare che l’etica dei banchieri non è simile al bricolage, non è un «fai-da-te», ma racchiude in sé tutte quelle responsabilità che pertengono a chi cura una funzione molto importante come la concessione del credito. Che qualche «pecora nera» indirizza verso «amici» e verso se stesso piuttosto che a favore della clientela più solida.

Il caso Berneschi sta ulteriormente danneggiando l’immagine della filiale sotto casa agli occhi delle famiglie e delle imprese, proprio quelle su cui puntano i piani industriali delle banche per recuperare profitti dalla vendita di nuovi prodotti e servizi. Senza contare che questo avviene proprio mentre l’Abi convoca la Fabi di Lando Maria Sileoni, la Fiba di Giulio Romani, la Fisac di Agostino Megale, la Uilca di Massimo Masi e le altre sigle di categoria per riprendere una difficilissima trattativa sul contratto nazionale. Un negoziato dove l’Associazione chiede ai 300mila addetti del credito di prestarsi a nuove mansioni (come servizi di biglietteria,  immobiliari o consulenza fiscale alle piccole imprese) nell’ambito di una generalizzata accentuazione del commerciale ma pone anche subito in chiaro che non ci sarà alcun aumento salariale, a meno di non individuare altri esuberi, a partire dagli over 50.

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