Rolex batte il «black bloc» Renzi
Rolex ha battuto, per un giorno, l’ipertrofia mediatica del premier Matteo Renzi. La dura presa di posizione contro l’improvvida associazione tra i manifestanti «black bloc» del No Expo Day e l’azienda svizzera produttrice di orologi di lusso fatta qualche giorno fa dal presidente del Consiglio ha ottenuto la massima risonanza. Oggi sul web ci sono centinaia di articoli che associano Rolex a No Expo e l’hashtag #Rolex è il primo trending topic su Twitter Italia. Nell’ultimo giorno si contano 2.000 tweet sul caso, mentre nei giorni precedenti la media normale su #Rolex si attestava sui 500 tweet.
Merito della lettera aperta pubblicata a pagamento sui maggiori quotidiani dall’ad di Rolex Italia, Gianpaolo Marini, che ha stigmatizzato la faciloneria con cui Renzi e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha definito i black bloc «teppistelli col Rolex». Reputation Manager, principale istituto italiano nell’analisi e misurazione della reputazione online dei brand e delle figure di rilievo pubblico, ha analizzato gli impatti del caso sul web, e soprattutto in relazione al tema della reputazione del brand. Il punto di partenza è rappresentato dalla volontà del manager di evitare l’associazione primaria tra gli antagonisti e lo status privilegiato di «figli di papà», cioè benestanti con un orologio che costa migliaia di euro che per noia sfasciano le vetrine e devastano le città.
La polemica è stata originata dalla foto di una manifestante No Expo scattata mentre imbrattava una banca con due bombolette spray durante gli scontri a Milano ha scatenato non poche polemiche. Postata da un antagonista su Facebook, l’immagine ritrae la ragazza con il volto coperto e soprattutto con un orologio al polso che ad alcuni era parso essere un Rolex. L’azienda elvetica è stata menzionata come simbolo di questo status anche se il fatto che l’orologio sia realmente un Rolex è peraltro tutta da dimostrare. La sfiducia di Rolex a Renzi, evidenziata oggi dal Giornale in prima pagina, è soprattutto l’indignazione di Marini che ha espresso «profondo rincrescimento e disappunto per l’associazione fra la condizione di “distruttori di vetrine” ed il fatto di portare un orologio Rolex al polso». Una cialtroneria tutta renziana ad uso e consumo della cialtronaggine italiana.
Ma Wall & Street, come blog economico-finanziario, vuole soffermarsi sull’aspetto socio-economico del caso Rolex. Protestando formalmente, l’azienda elvetica (che comunque è un brand notissimo) è uscita dal cono d’ombra tipico degli status symbol (chi li possiede non li ostenta e chi li produce vive questa esclusività in comunione con la propria clientela, basti pensare alla Ferrari, ad esempio). Ed è andata a scontrarsi con un’opinione pubblica italiana, ideologicamente orientata in maniera negativa verso tutto ciò che è indice di un reddito elevato. Per l’italiano medio, in genere, chi è ricco ha fatto comunque qualcosa di cattivo e se, invece, è una persona onesta, avrebbe dovuto rinunciare al proprio edonismo per mettere quel denaro al servizio dei meno abbienti (che poi è quello che fa lo Stato con le nostre tasse). Da qui le discutibili reazioni della Rete. Come questa:
Comunque io avevo paura pure prima, di quelli coi #Rolex al polso.
— Mangino Brioches (@manginobrioches) 6 Maggio 2015
Oppure come questa
Vorrei tranquillizzare la #Rolex, non ho mai associato i loro orologi ai violenti, ma solo a dei tamarri arricchiti.
— Cetty D. (@ItsCetty) 6 Maggio 2015
O come quest’altra che se la prende pure con il premier
Intervista esclusiva a Matteo, il Black Brock..olo che ha scippato il #Rolex del figlio di #Lupi pic.twitter.com/WGjg5uu1CT
— massimo lazzari (@massimo_lazzari) 6 Maggio 2015
Se si vive nella società della comunicazione, bisogna prepararsi anche a controbattere eventuali effetti boomerang. O anche a giocarci sopra come ci ricorda il grande esperto di comunicazione e di relazioni esterne, Gianluca Comin, nel suo tweet che menziona come la stessa Rolex abbia sfruttato la passione elvetica di Che Guevara.
Quando la #Rolex esaltava la rivoluzione #cheguevara @beppesevergnini @MaxGramel @tito_claudio @FabrizioForquet pic.twitter.com/HwFy0C2sk5
— Gianluca Comin (@gcomin) 6 Maggio 2015
«Questo caso ci dimostra che la reputazione è un eco-sistema, formato da diverse componenti che però hanno un peso diverso», spiega Andrea Barchiesi, ad di Reputation Manager, aggiungendo che «un sistema, che si costruisce nel tempo ed è portatore di valori che si sedimentano nella percezione collettiva e che sono alla base della sua identità, può far nascere relazioni con concetti contingenti in un dato momento, ma affinché quei concetti assurgano allo status di valori associati al brand è necessario che ci sia una correlazione diretta e forte, soprattutto che sia in grado di perdurare nel tempo».
Wall & Street