Il marchio è l’asset più importante
Il marchio è veramente l’asset più importante per un’azienda. Una recente sentenza del Tribunale di Milano ha stabilito che la parola «Neve» non può essere utilizzata come marchio nel settore cosmetico perché troppo simile a Nivea, brand internazionale del gruppo tedesco Beiersdorf (assistito in questa causa dallo Studio Trevisan & Cuonzo). La sentenza afferma il principio della confondibilità concettuale o etimologica tra marchi. Secondo il Tribunale, «Neve» è confondibile con «Nivea» in quanto quest’ultima deriva etimologicamente dal latino niveus/nivea/niveum, ossia «bianco come la neve». Proprio il richiamo alla neve di Nivea rende illecito l’uso di «Neve» da parte dei concorrenti nel settore dei prodotti di bellezza. Il Tribunale ha così dichiarato la nullità del marchio Neve della concorrente e ne ha vietato l’utilizzazione. Anche quando le parole che costituiscono i marchi sono apparentemente diverse, stabilisce il giudice, vi può essere confondibilità e quindi uso illecito quando il consumatore possa “associare” mentalmente i due segni e quindi i rispettivi prodotti. Tale associazione può crearsi anche in via per così dire «subliminale» per motivi legati all’origine storica ed etimologica delle parole. In buona sostanza, il Tribunale di Milano ha riconosciuto il valore economico del brand internazionalmente riconosciuto e ha tutelato gli investimenti effettuati nel corso degli anni dall’azienda detentrice per promuoverlo.
Un’esigenza che non sempre viene riconosciuta: qualche anno fa, infatti, fu rigettata dell’istanza presentata da Lindt alla Corte di Giustizia Ue per registrare globalmente l’immagine del coniglietto di cioccolato con incarto dorato e nastro rosso. Lo stop è stato un danno economico perché consente a qualsiasi produttore di dolciumi di replicare a grandi linee le forme del famoso animaletto. Ecco perché ne abbiamo parlato con Claudio Gandini, avvocato specializzato nella tutela della proprietà intellettuale.
«Mi capita spesso di dover difendere l’importanza della registrazione di marchi dalla diffusa diffidenza verso procedure ritenute lunghe ed onerose. Un marchio ci contraddistingue, parla di noi, immediatamente. E non vale solo per i grandi nomi, le grandi imprese. Vale ancora di più per le piccole imprese, per chi gioca e scommette su se stesso. Un marchio è un messaggio importantissimo, che ci rende visibili. Non possiamo però limitarci a renderlo graficamente allettante. Deve essere registrato e difeso, con forza se necessario».
Fondamentale è il deposito del marchio presso l’Uami (Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno), l’agenzia dell’Unione europea competente per la registrazione di marchi, disegni e modelli validi in tutti i 27 paesi della Ue. «Questa procedura consente di fare una ricerca anticipata e di ottenere un estensione valida su tutto il territorio europeo. Se invece pensiamo al mondo ci rivolgeremo a Wipo, agenzia delle Nazioni Unite. La ricerca presso le banche dati di Uami consente di verificare se ci sono situazioni di conflitto con altri marchi simili, anche se poi sarà l’organismo presso cui si deposita a portare alla luce i possibili conflitti».
«Esistono però regole da seguire. Tutte le persone fisiche o giuridiche possono effettuare una registrazione di un marchio comunitario presso l’Ufficio di Alicante, pagando la relativa tassa. I funzionari di Uami procedono alla verifica formale della regolarità della domanda. In contemporanea gli esaminatori redigono una ricerca sui marchi e sulle domande di registrazione depositate precedentemente. La relazione di ricerca viene trasmessa a colui che ha richiesto la registrazione. Un marchio può essere depositato per una o più classi, che fanno riferimento alle attività che il marchio vuole tutelare. Chi deposita sceglie le aree per le quali intende depositare il marchio. Quando gli uffici di Uami decidono di pubblicare il marchio, informano di questa pubblicazione i titolari di marchi comunitari o di domande di marchio comunitario anteriori. Entro tre mesi dalla pubblicazione, i titolari di marchi depositati anteriormente a livello comunitario o nazionale, possono presentare opposizione alla registrazione. Quando perviene notizia di un’opposizione non ci si deve spaventare: infatti occorre verificare se le classi richieste siano le stesse. Inoltre se l’opposizione si fonda su un marchio registrato da più di cinque anni, il richiedente può chiedere a colui che si oppone di provare che il marchio anteriore sia stato effettivamente utilizzato per i prodotti o servizi per i quali esso è stato registrato. In mancanza di questa prova, l’Uami considera il marchio di colui che si oppone decaduto per non uso e rigetta d’ufficio l’opposizione, senza entrare nel merito. È la divisione di opposizione dell’Ufficio di Alicante a decidere, ma contro questa decisione è previsto il ricorso avanti alle Commissioni di ricorso. Le relative decisioni possono essere oggetto di due ulteriori istanze di ricorso, davanti al Tribunale dell’Unione Europea e successivamente davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, giudice quest’ultimo di sola legittimità. Se è consentito questo livello di difesa, evidentemente la legislazione ha capito che un marchio è una ricchezza che va tutelata e che devono essere ascoltate le richieste di tutti».
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