Food & Turismo, l’identikit delle startup
Si fa presto a dire startup, ma come sono fatte veramente le aziende innovative che operano in due settori economici che rappresentano la tradizione del «Made in Italy»? Ci ha pensato l’Osservatorio italiano sull’innovazione in ambito «Food & Tourism» con un report pubblicato da DBJ-Watch e sostenuto dallo Studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani. L’analisi è partita dall’elenco delle start-up innovative iscritte al primo febbraio scorso all’apposita sezione del registro delle imprese. Da questo universo di 5.078 aziende sono state selezionate le 2.116 operanti nei servizi di informazione e comunicazione e, sulla base di una content analysis delle informazioni rese disponibili nei siti web, è stato individuato un campione di 50 aziende operanti nel comparto Food & Tourism.
La maggior parte delle start-up esaminate (56%) è localizzata nel Nord Italia, mentre una su tre ha base al sud e nelle isole. Come per la media della distribuzione nazionale, Milano è la capitale italiana anche delle startup che operano nei comparti Food e Turismo: 11 aziende operano qui. Al Sud Napoli è il maggior polo di attrazione delle start-up (5 imprese), seguito da Salerno e Bari (4 imprese in totale). In numerosi casi la nascita di una start-up è un fenomeno di «gemmazione da filiera». Laddove l’industria di produzione e trasformazione del cibo è più strutturata, ovvero nei luoghi in cui c’è una tradizione ricettiva più forte, si sviluppano anche nuove imprese orientate all’offerta di prodotti e servizi innovativi. Oltre che a tradizionali fattori socioeconomici, questa distribuzione geografica risulta strettamente correlata alla presenza di incubatori o acceleratori di impresa capaci di catalizzare le diverse iniziative che sorgono sul territorio. «Sotto questo punto di vista – osservano gli autori del report – è interessante notare l’assenza di operatori specializzati nell’incubazione di startup operanti nei settori Food e Turismo».
La maggioranza delle startup innovative sceglie di focalizzarsi sul settore food, mentre solo il 40% ha sviluppato un prodotto o un servizio turistico. Inoltre una ridotta minoranza delle startup analizzate (4%) ha deciso di proporre innovazioni trasversali ai due settori. Il turismo enogastronomico o “Food Tourism” impatta significativamente sui flussi turistici, se si pensa che nel 2015 il 9% dei turisti stranieri ha dichiarato di legare la scelta di un territorio italiano a motivazioni enogastronomiche. Come per la maggioranza delle start-up italiane, anche le aziende che lavorano nei due settori Food e Turismo hanno ridotta capitalizzazione: il 40% delle imprese ha una capitalizzazione fra i 10 e 50mila euro. Una dinamica analoga emerge anche riguardo al numero di addetti: il 32% delle aziende ha meno di 4 dipendenti, mentre solo il 6% ha fra 5 e 9 collaboratori.
Il 64% delle start-up sceglie per il proprio prodotto/servizio una tecnologia esclusivamente web. Nel 22% dei casi, questa tecnologia viene affiancata ad una app (nella maggioranza dei casi multi piattaforma – iOS ed Android). Soltanto il 12% delle start-up sceglie di basare il proprio servizio esclusivamente su una app. Nel Food il 57% delle start-up sviluppa servizi orientati a favorire il matching fra domanda ed offerta esistenti nella porzione finale (distribuzione e somministrazione) della filiera alimentare, mentre una ridotta percentuale si focalizza sugli aspetti di produzione e trasformazione degli alimenti. Gli ambiti di lavoro sono tre: e-commerce, delivering e prenotazione tavoli. La vendita di prodotti alimentari viene effettuata generalmente su marketplace multibrand anziché su e-commerce monomarca. In questi casi, l’innovazione principale proposta dalle nuove imprese consiste nella selezione di eccellenze enogastronomiche organizzate all’interno di negozi virtuali tematici. Il 90% delle startup operanti nel turismo eroga servizi di prenotazione delle strutture (booking) o di pianificazione (discovering) delle attività svolte on-site. All’interno della categoria “booking”, le startup scelgono di solito di posizionarsi sul mercato mediante l’offerta di servizi molto verticalizzati, sia geograficamente (prenotazione di strutture di una specifica zona) che sotto il profilo del tipo di esperienza ricercata (es. prenotazione barche). Come osservano gli autori del report DBJ Watch, questo trend fa emergere «una ridotta focalizzazione sugli attori business della filiera». Insomma, l’attenzione si concentra tutta a valle della catena commerciale, cioè verso i consumatori e pare trascurata l’offerta di soluzioni «mirate ad ottimizzarne i processi».
Questo scenario, conclude l’analisi, evidenzia due interessanti dinamiche. Da un lato, per la categoria Food c’è una startup focalizzata sull’offerta di servizi che sostengono il social eating, ad oggi uno dei fronti di maggiore innovazione dal lato consumer della filiera agro-alimentare. Questa startup ha realizzato una piattaforma web che consente di organizzare una cena tra amici nell’era digitale: l’utente crea un evento enogastronomico e le altre persone accomunate dalla passione per il cibo tramite la piattaforma possono prenotare un posto a tavola e contribuire alla copertura dei costi sostenuti. Anche nel comparto turismo la sharing economy sta offrendo nuove opportunità allo sviluppo di start-up innovative. Si sta, infatti, sviluppando il fenomeno del peer-to-peer travel guiding, ovvero l’esplorazione di mete turistiche attraverso «guide» locali contattabili attraverso una piattaforma.
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