Imparare a imparare – Live
Skilla, società che si occupa di formazione per il settore delle imprese, in questi giorni ha presentato, insieme a Incontatto, una ricerca effettuata in ambito aziendale sui nuovi scenari dell’apprendimento ovvero quali siano le necessità dei contesti aziendali all’interno di un percorso formativo che è sempre più utile per tutti quanti anche perché ormai considerato il progresso tecnologico la formazione non si ferma mai perché chi non si aggiorna resta indietro. Le principali risultanze di questa indagine riguardano, appunto, l’evoluzione della formazione che si configurerà sempre più come un viaggio e che soprattutto deve essere approcciata in maniera olistica per cui non è solo trasmissione di contenuti, ma anche un elemento fondativo dei processi sociali, dei percorsi culturali e della stessa natura dell’organizzazione. «C’è una consapevolezza di un passaggio epocale che il Censis, ad esempio, aveva colto come il fenomeno del sonnambulismo, ma preferisco il termine “stordimento” di fronte ai tumultuosi cambiamenti che sono in atto e che fanno emergere anche fenomeni nuovi come la ricerca di un senso e uno scopo al lavoro che si svolge», spiega Amicucci.
«La ricerca – prosegue – ha rilevato un fattore costante, la domanda di benessere. Parliamo di Health Economy, una nuova economia del benessere. Le organizzazioni stanno ripensando le modalità di gestire il lavoro, pensiamo solo al tema dello smart working da una parte o il tema della gerarchia dall’altra, ad esempio». L’apprendimento diventa così il luogo del lusso aziendale, come elemento privilegiato per attivare quello che oggi sta mancando che è il pensiero lento. «In una società così veloce, così tumultuosa, la domanda di avere spazi di riflessione per domandarsi dove stiamo andando, cosa sta succedendo, qual è il mio ruolo, quale sarà il mio futuro. L’apprendimento come fattore continuo ma anche come fattore privilegiato per aiutare le persone a comprendere, ad avere consapevolezza», osserva Amicucci.
«Il premio Nobel Kahneman diceva che il 95% del nostro tempo è pensiero veloce, tutto in automatico, tutto senza rifletterci, abbiamo il 5% di pensiero lento. Ecco, aumentare un po’ lo spazio per il pensiero lento, per riflettere, per interconnettere, per interpretare, per leggere i dati, per un senso significa riprendere in mano per le persone la propria vita, per le organizzazioni il proprio futuro», precisa. Quindi lo spazio per la riflessione è una skill importante. Per quanto riguarda le hard skills, conclude, invece è il mercato del lavoro che ci sta dando dei segnali importanti. «Noi siamo fortemente carenti di competenze tecniche su alcuni settori nel campo non solo del digitale ma della robotica o di altri settori anche magari di più bassa qualificazione ma importantissimi come nel settore del turismo», afferma.
Gian Maria De Francesco