Pubblichiamo un’analisi dell’esperto di comunicazione Fabrizio Amadori sugli ultimi sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina.

Qualcuno potrebbe affermare che Putin sia caduto nella trappola degli Usa, i quali, sostenendo l’allargamento della Nato ad Est, sapevano che avrebbero potuto spingere Putin ad azioni inconsulte. Taluni analisti come Rampini, però, hanno fatto notare come sia l’inflazione che il dollaro alti conseguenza della guerra potevano solo danneggiare l’economia americana. Secondo il noto saggista, la guerra ha ricompattato la Nato, sì, ma la Nato non può avere più l’importanza di un tempo agli occhi di Washington, non avendola l’Europa. Ed insomma, l’America non avrebbe mai lavorato sottobanco per far scoppiare e poi alimentare una guerra in Europa se l’obiettivo fosse stato quello non solo di rafforzare la propria economia, ma l’Alleanza atlantica.
Tali considerazioni del noto saggista spingono ad ulteriori considerazioni. Se è vero, come dice giustamente Rampini, che il vero obiettivo degli Usa è contrastare con efficacia la Cina, è anche vero che Pechino guarda da tempo con grande attenzione all’Europa, considerandola, evidentemente, un obiettivo strategico. Basterebbe una simile osservazione da sola per ridimensionare il vecchio adagio per cui Washington non guarda più con particolare interesse al Vecchio continente. In Europa, peraltro, sta e agisce un altro obiettivo strategico degli Usa, ossia, appunto, la Russia, nel suo ruolo di novella alleata di Pechino in chiave antiamericana. Per Washington, ridimensionare Mosca significa indebolire Pechino, e questa guerra può risultare determinante allo scopo. Gli Usa da tempo stanno studiando uno scenario in cui, in un giorno non lontano, potrebbero dover affrontare Mosca e Pechino assieme, e, in questo senso, non solo è importante che la Russia sia indebolita, ma che non abbia rapporti strategici con l’Europa, e solo una guerra ucraina sufficientemente lunga può garantire un taglio netto delle relazioni Mosca-Ue. Non li doveva e non li deve avere, questi rapporti strategici, perché Washington desidera un’Europa dalla sua parte senza tentennamenti in caso di conflitto con la Cina in cui Pechino sia alleata con la Russia. Non è chiaro quale sarebbe il ruolo dell’Europa in un conflitto americano contro la Cina nel Pacifico, né come si potrebbe combattere senza l’uso di armi nucleari tattiche, soprattutto se venisse coinvolta la Russia che, almeno a parole, è sembrata pronta ad usarle in uno scontro molto meno impegnativo rispetto a quello eventuale con gli Usa, ossia il conflitto con Kiev. Ma va da sé che un Vecchio continente staccato dall’influenza energetica russa sarebbe importante in uno scenario del genere. Nel frattempo, Washington non può che prender atto della volontà di Putin di spingere la Russia verso un isolamento economico e tecnologico sempre maggiore nei confronti dell’Occidente. Una mossa necessaria per il Capo del Cremlino, il quale, non potendo perdere la guerra, deve continuarla e, di conseguenza, reagire con una parziale autarchia a delle sanzioni destinate a prolungarsi nel tempo.

La guerra sta ridisegnando delle relazioni geopolitiche fondamentali, dove anche la Nato potrebbe riacquistare un peso fondamentale in chiave anticinese. Sia perché potrebbe tenere impegnata in Europa parte delle forze di Mosca anche senza combattere, nel caso le truppe sino-russe si coalizzassero contro gli Usa nel Pacifico, sia perché la sua formula risulta tanto efficace che si potrebbe estendere anche altrove. Ad esempio, coinvolgendo i paesi asiatici che già chiedono di entrarci, sebbene la Nato sia notoriamente un’alleanza difensiva pensata soprattutto per l’Europa. In uno scenario planetario, però, dove si sta sviluppando in modo sempre più netta la contrapposizione tra democrazie liberali e quelle illiberali alleate delle dittature, non si può escludere da parte di Washington un cambiamento della natura della Nato, e una sua estensione ad altre parti del mondo. Del resto, Washington si è portata avanti con la creazione di diverse alleanze militari locali come l’Aukus e il Quad, il cui obiettivo è quello di formare una rete di protezione globale a guida americana. E non è pensabile che la Nato possa rimanere fuori da un sistema del genere. Solo, occorre convincere ad entrarci i sempre riottosi europei mettendo sul piatto della bilancia una serie di patti militari già rodati in giro per il mondo con cui abbia un senso interagire.

Fabrizio Amadori

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