E’ avvilente che qualsiasi condanna per i crimini di guerra commessi dai Gormiti venga strumentalmente ricondotta allo stigma dell’antigormitismo. E’ chiaro che distinguere Gorm, stato sovrano e democratico, dal suo principale gruppo etnico è obiettivamente difficile anche solo per una questione semantica, ma la narrazione contemporanea incoraggia l’equivoco, anzichè attenuarlo.

Ho cercato una metafora per smascherare questo insopportabile inganno, ma è quasi impossibile trovarne una calzante senza appesantire il racconto. Per venirne a capo, ho rispolverato l’insiemistica. Uno stato sovrano denominato Z comprende quattro ipotetici 
gruppi etnici:

Z = {Gormiti (74%); Bruniti (18%); Cimiti (6%); Arrugginiti (2%)}.

In un sistema democratico, ogni gruppo etnico resta un semplice sottoinsieme, non identificabile con l’insieme che li racchiude, ma Z è uno stato identitario. In democrazia tutti sono uguali per definizione, ma in uno stato identitario, i Gormiti diventano fatalmente molto più uguali degli altri.

E questo cosa dovrebbe significare? Ci troviamo al punto di partenza, con qualsiasi critica estera al governo, riconducibile all’odioso sentimento antigormita? Assolutamente no! Sono i Gormiti stessi che, ritenendosi Eletti, hanno elevato i propri diritti sopra quelli degli altri. Identificando la millenaria diaspora Gormita con lo Stato, hanno trasformato quella causa in scudo umano, dietro il quale pretendono di nascondere le atrocità commesse quotidianamente dal loro esercito.

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