Le scelte «ad mentula» dei David italiani
Titola bene, oggi, il Giornale “I David senza Checco. Ai giurati manca il senso dell’umorismo”. I 1.916 giurati che hanno selezionato le Nomination per gli Oscar del cinema italiano si sono dimenticati di Quo Vado, il secondo maggior incasso di tutti i tempi in Italia. Troppo comico per l’Accademia del cinema italiano e, quindi, non degno di entrare nemmeno nella cinquina del superEnalotto. Sia mai dover ammettere che si possa fare sociologia e politica attraverso la risata. L’impressione è che Zalone stia sulle palle al cinema italiano. Qualcuno rosica guardando al suo successo. Lo denigrano, liquidandolo come una sorta di flash mob del pubblico italiano. E’ un fatto a sè, un fenomeno di massa; osa parlare alla pancia della gente, qualcosa che, soprattutto nei salotti radical chic, non è accettabile. Non posso neanche dire che si siano messi d’accordo, che lo abbiano fatto volutamente. Solo non ci hanno nemmeno pensato a candidarlo come mi ha confidato uno dei giurati. O meglio, un minimo sì visto che come ricorda oggi il nostro bravo Pedro Armocida “il decano dei critici Gian Luigi Rondi, presidente dei David di Donatello, due anni fa, tentò un’azione spregiudicata inventando un David speciale a Checco Zalone con la motivazione parecchio comica «per aver portato la gente al cinema»”. Premio giustamente rifiutato da Checco con il suo produttore Pietro Valsecchi che dichiarò: «La cosa giusta è conquistare un premio sul campo. Ma io ci ho fatto il callo con questi riconoscimenti, esiste il cinema di qualità e di incasso che riapre le sale cinematografiche e poi c’è il cinema dei David, degli amici, della cricca». Insomma, troppo comico per entrare in una cinquina che premia i film di qualità, perché ciò che piace e tanto alla gente non deve essere necessariamente il meglio. Del resto, andate a vedervi gli incassi delle pellicole premiate nei vari festival. Detto questo, onore a Perfetti sconosciuti che strameritava la vittoria come miglior film, nonostante il successo non sia piaciuto alla critica snob, insieme a Lo chiamavano Jeeg Robot (ovviamente, ignorato nella cinquina del miglior film), entrambi espressione di un rinascimento italiano che ci ha fatto riscoprire il cinema di genere, diventando motivo di orgoglio anche all’estero. Però, senza nulla togliere a Garrone, mi devono spiegare perché Genovese non abbia vinto come miglior regista. Ad mentulam canis, appunto. O, forse, no.