fastLe sceneggiature cinematografiche? Ormai, le decidono gli sponsor. Che esista la pubblicità (più o meno) occulta nei film non lo scopriamo certo oggi. Ma se una volta i prodotti degli sponsor venivano inseriti quasi con arte all’interno di una trama, adesso è evidente come molte scene vengano costruite per mostrare, senza ritegno, la marca di aperitivo, quella del cellulare, il modello di auto, la bibita gassata, l’hotel che ospita e via dicendo. Creando più un senso di fastidio che la voglia di comprare l’oggetto proposto. E’ un po’ come nei giornali. L’inserzionista compra lo spazio e tu devi costruire, intorno all’ingombro pubblicitario, la pagina da offrire al lettore. E’ chiaro che senza queste entrate molti film non esisterebbero, però si arriva, a volte, a degli eccessi senza misura. Un fenomeno così esteso che hanno istituito dei premi apposti, con tanto di categorie, per l’attore più Brand (nel 2016, ha vinto Mark Wahlberg), il film con più product placement (nettamente vincitore Fast and Furious 7 con ben 48 prodotti e brand identificabili posizionati all’interno del film), pellicola candidata agli Oscar con più marchi presenti (ha vinto The Martian) e via dicendo.  http://brandchannel.com/2016/02/24/2016-brandcameo-product-placement-awards-022416/

Insomma, dal 1951, anno nel quale in African Queen, Con Bogart e la Hepburn, venne introdotta una bottiglia di Gin Gordon’s, le strategie di marketing hanno “colonizzato” molte pellicole (007 vi dice qualcosa?). Intenzionali o meno, questi spot visivi dentro il film sono diventati, ormai, parte di esso, tanto che il pubblico, dopo l’iniziale sorpresa (e fastidio) non ci fa più caso, avendo imparato a convivere con l’onnipresenza di certi marchi. Giusto? Sbagliato? Al giorno d’oggi e con quel che passa il convento (vedi, crisi) si deve fare di necessità virtù. Piuttosto che niente, è meglio piuttosto, si suole dire. Però, se lo facessero in maniera meno sfacciata, tutto sommato, non guasterebbe.

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