Bridget Jones, una risata via l’altra
Miglior modo per chiudere il franchise di Bridget Jones non lo si poteva confezionare. Terzo e ultimo capitolo della saga dedicata a uno dei personaggi femminili più amati dal pubblico degli ultimi anni, Bridget Jones’s Baby (dal 22 settembre nelle sale italiane), pur nella sua semplicità (leggi, banalità) di trama, porta in dote una caratteristica non comune a molte commedie: fa ridere, tanto, in maniera contagiosa, irresistibile.
Non era scontato, soprattutto visto l’esito del precedente debolissimo Che pasticcio, Bridget Jones! del 2004, sequel de Il Diario di Bridget Jones del 2001, diventato film di culto e manifesto per generazioni di donne (a proposito, le due pellicole saranno riproposte il 22 e il 23 settembre da La5, alle 21.10, accompagnate da interviste, immagini esclusive e dietro le quinte inediti). Renée Zellweger, oltretutto, era reduce da una serie di (semi)flop, cui si era aggiunta la polemica sul presunto intervento estetico che le aveva modificato l’espressione: ributtarsi sull’eroina creata da Helen Fielding, insomma, sembrava una scommessa quasi a perdere, la pietra tombale della sua carriera. Invece, come se fosse l’esito di una delle favole romantiche capitate proprio alla sua Bridget, questo è uno dei film più divertenti dell’ultimo decennio, capace di sedurre anche il pubblico maschile forzatamente al seguito.
Londra. Si ritrova, sola, a festeggiare i suoi quarantatré anni, una sempre più disillusa Bridget Jones, ora coordinatrice del programma tv Hard News. «C’è un limite legale di candeline da utilizzare sulla torta vista l’età del proprio compleanno?», si domanda al colmo della depressione. Per risollevarle la vita sentimentale, la sua collega Miranda la invita in camping dove, dopo essersi ubriacata, finisce tra le braccia del ricco e affascinante Jack (Patrick Dempsey). Passa una settimana, ed ecco che Bridget rincontra la sua vecchia fiamma, l’avvocato inglese Mark Darcy (Colin Firth), sposato, ma prossimo al divorzio. I due finiranno a letto.
Ecco, però, che la donna si ritrova incinta. Chi mai sarà il padre? Impossibile stabilirlo prima della nascita, senza mettere a rischio il bebè. Così, i due presunti (e aspiranti) padri, rivaleggiano tra di loro in attesa del sospirato verdetto. Va detto, a scanso di equivoci, che la pellicola abbonda in volgarità (in particolare, in una discutibile allusione tra organo maschile e burattini). Però, funziona, in particolare, nei duetti tra la Zellweger e Firth, mentre meno credibile è il suo interagire con Dempsey. La ciliegina sulla torta è una irresistibile Emma Thompson, spassosa ginecologa a cui bastano poche scene per giustificare il prezzo del biglietto. Già ampiamente ripagato, come detto, da una comicità irriverente, femminista al punto giusto, genuina. Gallina (semi) vecchia, è il caso di dirlo, ha fatto ancora un buon brodo.