silenceUscirà domani, nelle sale italiane, Silence, il film, diretto da Martin Scorsese, che tratta vari temi religiosi cristiani. Il più interessante è quello legato al (presunto) silenzio di Dio. Quante volte, da credenti, ci siamo chiesti, davanti al male che imperversa, alle persecuzioni di tanti cristiani, alle morti quotidiane che ormai non fanno più notizia, “Lui dov’è?” Rientra un po’ nell’idea giustizialista di questo Dio supereroe che dall’alto castighi, a richiesta, i cattivi, senza pietà. Dimenticandoci del libero arbitrio, dono prezioso affidato ad ognuno di noi. Però, è chiaro che certe volte il silenzio sia più rumoroso e assordante di ogni altro suono, faccia paura, impressione. “Lui dov’è?” E’ quello che si chiede uno dei due preti portoghesi che, nel film, siamo nel 1640, si reca in Giappone alla ricerca di un suo padre spirituale che, pare, abbia abiurato. Una volta sbarcato in terra nipponica, il sacerdote entra in contatto con comunità nascoste di cristiani. L’inquisizione uccide chi si professa tale, promettendo taglie proporzionate all’importanza del personaggio (denunciare un prete vale più di tutti, 300 monete d’argento), costringendo i fedeli a nascondere i loro piccoli segni di appartenenza alla Chiesa Cattolica. Pur di non svelare la presenza dei due preti, molti contadini si fanno giustiziare, diventando martiri, dopo essere stati brutalizzati nel corpo, ma non nell’anima. “Martiri, ma di chi?”, chiede l’inquisitore al sacerdote cristiano, nel frattempo, finito in prigione. “Perchè loro non muoiono per Dio, ma per voi”. Per costringerlo ad abiurare, i giapponesi catturano alcuni cristiani minacciandoli di morte. Per salvarli, il prete dovrà calpestare una immagine sacra. Come andrà a finire, ovviamente, non ve lo racconto, ma è chiaro che davanti a tanto sangue innocente sparso, il prelato finisca per tormentarsi per questi presunti silenzi di quel Dio per il quale si è disposti a morire. Che è un po’ la ricerca di fede che Scorsese fa attraverso il suo personaggio principale. 161 minuti di violenze continue, torture, che sembrano raccontare qualcosa, purtroppo, di attuale. Quelle che avviene nel film non è diverso da ciò che capita, ancora oggi, in molti Stati, con cristiani torturati in maniera disumana e poi uccisi, per i quali nessun divo o diva di Hollywood spende parole durante i discorsi di ringraziamento. Perchè quando ci si rifiuta di confrontarsi, quando si vuole imporre il proprio credo, non esiste dialogo se non quello delle armi, della violenza, della sopraffazione.  Il film di Scorsese, dunque, arriva a proposito. Sia chiaro, non è una pellicola facile. La lunghezza, la lentezza voluta, il suo essere (a volte) monocorde, non giova. Però di spunti di riflessione ne offre tanti, soprattutto a quei cristiani che, comodamente, ogni domenica vanno (se ci vanno) in Chiesa, come se fosse una tassa da pagare, un obbligo da adempiere, e non un incontro speciale con l’Altro, per squarciare quel velo di silenzio.

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