Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord, Un paese quasi perfetto, Stai lontana da me, I Babysitter, Il nome del figlio, Poveri ma ricchi, Fuga di cervelli, Una famiglia perfetta, Ma che bella sorpresa e, ultimo dell’elenco, Mamma o Papà. Li avete visti? Sono alcuni dei titoli di punta che il cinema italiano ha presentato, in questi ultimi anni, nelle sale della nostra penisola. Qualcuno anche con esiti soddisfacenti al botteghino, la maggior parte con apparizioni quasi anonime. Divisi dagli incassi, ma accomunati da una caratteristica di base: sono tutti remake di film stranieri. Perché della famosa «Commedia all’italiana» che, per almeno trent’anni, è stata punto di riferimento per la cinematografia mondiale, si è persa quasi traccia. Nell’attuale DNA dei «nipoti», ereditato da quei fini intellettuali ed autori che fecero amare il nostro cinema in ogni latitudine, sono scomparsi non solo talento e estro, ma anche uno straccio di fantasia. Ormai, sembriamo la donna Cananea del Vangelo che si accontentava, come i cagnolini, delle briciole cascate dalla tavola dei padroni. A questo ci siamo ridotti. Scopiazziamo e, a volte, senza neanche la fatica di adattare alla nostra realtà le idee degli altri, soprattutto se francesi, cineasti assurti a nostri «maître à penser». In pratica, tiriamo a campare, pescando il meglio delle produzioni altrui, affidandolo ai soliti volti televisivi prestati al grande schermo che, tra l’altro, perdono il confronto con gli attori transalpini. Di originale, a noi, rimane la traduzione del titolo. Come sono lontani i tempi de I soliti ignoti, film che mostrava, facendo sorridere con amarezza, la fotografia reale di com’era l’Italia della Ricostruzione. Avevamo trasformato la commedia in uno strumento privilegiato per raccontare la società e la realtà contemporanea, sottraendole al cinema impegnato. Con il più ampio consenso del pubblico che, naturalmente, preferiva le risate velate di dramma ai film dichiaratamente verbosi e impegnati. Cosa è rimasto di quel patrimonio? Poco, pochissimo. Qualcuno, magari, ricorderà lo sfogo di Carlo Verdone che due anni fa, a Cinecittà News, trovò la causa di questo triste ritornello: «Alcuni grandi successi recenti sono dei remake di film francesi. È il colmo. Noi una volta eravamo i maestri delle commedie, ora addirittura ci riduciamo a copiare quelle francesi? Non è un buon segnale. Vuol dire che scarseggiano le idee e ci sono pochi soggettisti e sceneggiatori. Il dramma del cinema italiano, secondo me, è proprio una penuria di questi ultimi». Come non essere d’accordo. Per fortuna che accanto al fenomeno Zalone, che è un caso a sè, ogni tanto tiriamo fuori un titolo che ci fa rialzare la testa, su tutti il meraviglioso Perfetti Sconosciuti, film che in tanti ci vogliono copiare. Appena risolleviamo l’orgoglio, però, ecco arrivare l’ennesimo remake. «Adda passà ‘a nuttata».

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