E noi giochiamo con i Pokemon.
Nemesi. Non trovo altro termine per definire la bulimia di Pokemon Go che coinvolge migliaia di individui inebetiti dallo smanettamento continuo. Novelli Diogene armati di smartphone, soavemente persi nell’universo irreale di un videogioco con il quale grazie alla geolocalizzazione e alla propria fotocamera la persona può incontrare e catturare Pokémon selvatici nel mondo vero.
Individui che consapevoli dell’inevitabile resa dell’intero pianeta, si beano grazie a sulfurei pupazzetti che incantano e rapiscono. Mentre il mondo brucia, non trovano altra soluzione che concedersi al nulla. Non vanno con la lanterna alla ‘ricerca dell’uomo’ ma di un pupazzetto immaginario. Ed è tutto qui il nostro tempo: una umanità passata dalla ricerca del Sacro Graal ad incidenti sul sacro G.R.A. (Grande raccordo anulare) provocati da guidatori distratti perché intenti a individuare i possibili riposizionamenti di questi fantocci.
Una ossessione che, per la verità, potrebbe pure avere risvolti positivi. Negli Usa, un tizio intimorito da rumori provenienti di notte dal suo giardino ha pensato bene di sparare contro gli intrusi. Solo dopo si è accorto che, invece di due ladri, erano ‘cacciatori’ di mostri Pokemon. Si diffondesse anche questa ulteriore mania non sarebbe male. Milioni di persone vaganti come zombie alla ricerca di mostriciattoli ma a loro volta presi a fucilate da chi vuole proteggere da estranei la legittima proprietà. Un ulteriore trastullo a corredo di un luna park di idiozie dove già non manca chi è andato a sbattere con la macchina, chi ha chiamato la polizia per denunciare il ‘furto’ dei Pokemon o chi si è licenziato perché, a suo dire, solo in questo modo potrà giocare full-time.
E siamo solo agli inizi. Non mancheranno episodi che ci faranno riflettere sul fatto che si fluttui con la stessa naturalità dallo scoraggiamento per un accadimento triste e sanguinoso come un attentato terroristico ad un passatempo demenziale. C’è da sperare che sia dunque solo una moda e che questa intensità si mantenga inalterata solo per qualche altra settimana.
Utilizzo il termine ‘nemesi’ perché è la giusta vendetta del divino e perché la storia dell’uomo pare a questo punto davvero un lungo rincorrere il nulla. Non che sia disonesto o illecito trastullarsi nei giochi o divagarsi in attività ricreative; anzi ne abbiamo necessità psicofisica. Ma qui oltre all’estetismo siamo anche all’etica del nulla che paurosamente assume significato paraliturgico. La simbolica ricerca del Pokemon è la finta emancipazione imposta ad una umanità che all’esperienza e al rapporto con la realtà terrena ne preferisce una alterata e virtuale con pupazzetti un tempo oggetto di passatempo solo per quelli che non avevano raggiunto la pubertà.
Ma oramai si preferisce uniformare al massimo gli estremi tra la realtà e il niente. Tutto si confonde; tempo e spazio, luogo del lavoro e quello del tempo libero. Ecco perché mentre c’è gente che muore per mano di terroristi, dall’altra c’è chi rincorre fantasmi. I suoi fantasmi. Ma non è ne è consapevole.