A volte, bastano due indizi per fare una prova. Due sciapi e banali indizi. Capita raramente quando si parla di scuola, università, cultura perché quello è un campo minato in cui si vaga tra il sofisticato e il burocratese ed è difficile venirne fuori. Di certo, il binomio Azzolina-Manfredi non prometteva nulla di buono sin dall’inizio, cosicché i fatti di queste ultime settimane non fanno che confermare i cattivi auspici sulla compagine di governo e su taluni suoi rappresentanti.

Del ministro Azzolina sappiamo tutto o molto, ma vorremmo saperne poco o nulla. Di Gaetano Manfredi, ministro dell’Università, già rettore della Federico II e Presidente della Conferenza dei Rettori Universitari italiani, non si segnalavano sbavature dal momento che nessuno si era accorto della sua presenza al ministero. Alcuni mesi fa, si era segnalato per aver stigmatizzato chi parlava di baronie e di caste universitarie. E già qui, si aprirebbe un dibattito infinito per tirarci fuori dalle secche di queste miserie e per non restare impelagati nella surreale scrittura manfrediana di una realtà nota a tutti… tranne che a lui.

Salta ora alla ribalta per una intervista rilasciata al Mattino e su un tema che tocca, pesantemente e nel profondo, le famiglie di migliaia di studenti e si intreccia con la condizione generale, sociale ed economica, con le prospettive della scuola italiana di ogni ordine e grado ma, soprattutto, con il tema della libertà, inteso nel suo senso più ampio e universale.

Alcuni atenei del Sud hanno infatti ideato una sorta di piano per riportare gli studenti fuori-sede nelle loro città di provenienza. Tutto questo attraverso l’azzeramento delle tasse universitarie o, almeno, una loro forte riduzione. In prima fila, la Regione Puglia che, per il prossimo anno accademico, pare abbia deciso una iscrizione a costo zero per gli immatricolati fuori regione. Stesso discorso per la Sicilia, che prevederebbe un incentivo di 1200 euro per coloro i quali decidono di rientrare; e così per la Basilicata che applicherebbe, invece, il 50% di sconto per chi si iscrive per l’anno 2020-2021.

Una scelta che sta mobilitando i rettori del Nord i quali, oggi, come gradita sorpresa hanno trovato sotto l’albero l’endorsement di Manfredi che tira in ballo «il principio di diseguaglianza» e il fatto che taluni siano «lontani da una logica di uniformità nazionale»; e poi continua, asserendo che le scelte delle università del Sud non sono «in sintonia con la visione di un sistema nazionale e non mi troverà concorde. Se si garantiscono delle facilitazioni, vanno stabiliti criteri con cui realizzarle: devono essere generaliste, offerte a tutti e non valide soltanto per alcuni. Questo è il mio punto di vista. Certo, poi è da tener conto che queste misure sono state fatte dalle Regioni che hanno una titolarità nel diritto allo studio, ed essendo delle iniziative regionali, non sono di mia competenza».

A legger bene, tutto e il contrario di tutto in poche righe. Tuttavia, ciò che pare evidente è che egli mantenga ferma, almeno in linea generale e teorica, la sua prossimità con le posizioni dei Rettori del Nord che non vogliono perdere studenti ma soprattutto quella legittima mole di denaro che, grazie a loro, va in circolo in tutte le città universitarie, le alimenta e produce economia a trecentosessanta gradi.

Di cosa si tratta? Di sudditanza ideologica o di altro tipo? Saranno i prossimi giorni a svelarci quale percorso avrà preso questa vicenda. Qui, però, oltre al fatto che nessuno voglia riproporre stantii campanilismi tra terroni e polentoni, alcune cose non tornano. Innanzitutto, dal governo di Roma e dagli organi di stampa che ogni giorno gli lisciano il pelo, si continua con una certa ossessiva e macabra lamentazione a ripetere che, in autunno, dovrebbe calare sulle nostre teste questa mannaia, pestifera e stramaledetta, della “seconda ondata”. E allora, se così fosse, non si capisce per quale motivo verrebbe impedito a migliaia di studenti, di tornare al Sud, decidendo per un cambio radicale di strategia. In fondo, stanno definendo le coordinate del loro futuro e lo stanno facendo con i risparmi familiari e con gli stipendi dei genitori… stipendi che si vanno sempre più contraendo.

Un altro motivo per avviare questa conversione strategica senza conflitti di sorta dovrebbe essere dettato dalla carenza di aule. In tutti questi mesi non è stato sciolto alcun nodo neppure su questo versante. Non è stato fatto per i ragazzi delle superiori, per quelli delle medie e delle elementari ma nemmeno per tante facoltà universitarie. La presenza in contemporanea di studenti e di docenti con la mancanza di distanziamenti idonei smentirebbe tutto quanto detto da sei mesi a questa parte.

C’è poi la questione non meno rilevante (anzi, fondamentale) delle precarie condizioni economiche di molte famiglie. L’intervista del ministro ha scosso molti genitori che trovandosi in cassa integrazione, in procinto di perdere il lavoro (o che l’hanno già perso) si stanno mobilitando affinché queste agevolazioni (o come altro si vogliano chiamare) diventino atto concreto. Si possa, attraverso di esse, permettere a decine di migliaia di giovani di poter far ritorno alle proprie residenze originarie, in questo modo dando un minimo di sollievo alla condizione economica familiare e, al contempo, mantenendo inalterato il sacrosanto diritto allo studio.