Facciamo la rivoluzione, oppure no?
Nei giorni scorsi, la ricorrenza della morte di Carlo Giuliani, il giovane ucciso dal carabiniere al G8 di Genova.
Molti i commenti sull’episodio su cui ribadisco con stringatezza la mia opinione ‘copia-incollandola’ da un mio post su facebook: <<Fatta salva la pietà per una giovane vita spezzata, non comprendo le articolate analisi sul suo gesto, ancora oggi, a distanza di anni. Si tratta di un uomo in passamontagna che tenta di lanciare un estintore su un carabiniere. Non c’è altro da aggiungere>>.
Tuttavia, vista la montagna di commenti è impossibile non aggiungere altro. Mi soffermo solo con coloro che ingenuamente leggono in quel gesto (vale a dire, nel giovane che sta per lanciare un estintore su un carabiniere) una simbolica espressione di lotta al globalismo economico. Valutata in questo modo verrebbe voglia di ‘comprendere’ quel folle gesto e di relegare Giuliani nel lungo elenco di eroi per la libertà.
Ma non è così. Pur comprendendo la buona fede di alcuni commentatori (non di tutti, ovviamente) bisogna chiarire questioni basilari altrimenti si finisce per leggere la realtà al contrario:
- Qualsiasi attacco diretto o indiretto alle forze dell’ordine è da ritenersi vigliacco. Non scomodo le considerazioni di P.P. Pasolini che tutti conoscete, ma sotto quei caschi vi sono nostri fratelli e amici, con medesimi problemi quotidiani e identiche inquietudini. Molti eccedono ma la maggior parte fanno con onestà il loro lavoro.
- Le rivoluzioni si preparano e non hanno tutte la stessa morfologia. Sparare, picchiare o sputare su un carabiniere o su un poliziotto dal punto di vista della ‘sostanza politica’ è davvero poca cosa. Ne abbiamo viste tante di situazioni simili che non sono riuscite in alcun modo a scalfire il ‘potere costituito’.
- Dicevo, le rivoluzioni si preparano. Anche io ho in spregio molte fattori degradanti e violenti di questo minaccioso globalismo ma so che spaccare la testa ad un carabiniere non ha nessun senso politico perché la lotta non è contro una dittatura nazionale, un duce visibile e in carne ed ossa o un partito, ma contro un potere sovranazionale invisibile. Le bandiere rosse o i simboli anarchici fanno un lieve solletico a poteri mastodontici e trasversali.
- Le rivoluzioni devono ormai avere anche una apertura globale proprio perché ogni parte del mondo è interconnessa con il resto. E devono essere essenzialmente culturali nel senso che, oltre ai deficit di una globalizzazione aggressiva e spietata, vanno indicate anche le strategie e i nuovi modelli di sviluppo, di welfare, di comunità, di sovranità, eccetera. Non dico una nuova ideologia ma almeno un grumo di idee compatte che possa fare da contraltare al pensiero dominante. Per ora, questa alba non è ancora arrivata. Siamo fermi alle critiche e alla elencazione delle cose che non vanno. Siamo al tramonto e dobbiamo prepararci al meglio per la notte. Poi, se ne saremmo capaci, potrà arrivare una nuova alba. Ma non è detto.