È una classe politica che rischia di perdere qualunque orientamento quella che chiede ai suoi cittadini di fare incetta di armi per difendersi da eventuali intrusi notturni e diurni nella case private. Ne comprendo i motivi ma faccio fatica a vederne consacrate nella realtà quotidiana italiana le teorie. Il nostro è un Paese strano e con arcipelaghi di culture che andrebbero preparati anzitempo a simili prospettive. Mi immagino cosa potrebbe accadere in ampie parti del mio Sud dove proiettali svolazzanti già se ne contano a decine ogni giorno.

Ed è una classe politica ancor peggiore quella che confuta questa visione adducendo motivazioni di carattere etico ad una piaga sociale che non tende più a contenersi nei limiti fisiologici ma prorompe oltre ogni consentito grado di sopportazione. Una classe politica che di fronte a un dilagare di furti, rapine e violenze varie, si rifugia nei profili disgustosi di una etica buonista sublime nelle enunciazioni, melliflua ed arrendevole nella realtà.

In entrambi i casi, siamo di fronte a pezze di appoggio che avrebbero bisogno di essere scongiurate alla fonte. Perché chi auspica una cittadinanza armata, vigile e autonoma in tema di difesa personale e della proprietà privata, e chi invece ripudia simili soluzioni non fornendone altre in cambio ma appellandosi solo ad un moralismo beffardo, rappresentano facce di una medesima moneta ormai fuori corso.

Vero è che, a fronte di uno Stato imbelle e silente alle martellanti richieste di cittadini aggrediti e violentati nella privacy e nella dignità, non vi sarebbe altra risposta che armarsi e tentare di difendere il proprio fortino, da soli, così come si faceva tanto tempo fa. Se nessuno mi difende, allora mi difendo con un’arma, è la conclusione spiccia e per tanti aspetti condivisibile a cui molti sembrano approdare in questa drammatica fase della nostra storia nazionale.

Tuttavia una soluzione vi sarebbe ma è troppo banale per essere condivisa in un Paese che ama solo arzigogolare: e cioè fissare pene severissime che non prevedano sconti legati a buona condotta o cose del genere. Fare in modo che la legislazione sia chiara, decodifichi punto per punto ogni fattispecie di reato in modo che chi entra in casa per trafugare beni privati e compiere violenze fisiche o psicologiche sia consapevole che, una volta acciuffato dalle forze dell’ordine, resti in galera per un numero congruo di anni e senza alcuna possibilità di mettere un solo secondo la testa fuori dalle sbarre.

La soluzione dunque c’è ed è quella che ha fatto andare avanti per secoli le civiltà pur con le dovute gradualità e peculiarità di cultura o area geografica: chi sbaglia, paga.

Ma è lo Stato che deve governare questi processi e non il singolo cittadino; la forza regolata dalle leggi della collettività che si fa carico di contenere e se possibile debellare un fenomeno, e non il singolo individuo. Se a tutto ciò non siamo pronti, come Stato intendo dire, non resta che armarci mettendo però in conto che il fenomeno collettivo non si estirpa. Si risolvono casi personali in un generalizzato individualismo di massa che proclama la definita resa della comunità e della politica ma il cancro resta lì, intonso e immacolato.

 

 

pistolero

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