No! Non ci siamo proprio, care e cari Laura Boldrini, Ornella Vanoni, Giuliano Pisapia, Roberto Vecchioni, Claudio Bisio, Amelia Monti, Malika Ayane, Giobbe Covatta, Lella Costa e tutto il Circo Barnum, che insieme a tanti milanesi (più o meno ingenui) vi siete ritrovati in piazza per la manifestazione antirazzista, ostentando lo slogan: «Siamo tutti sulla stessa barca».

 No, cari tutti… siete dei mentitori perché qualunque mieloso e suggestivo proposito possiate portare avanti, non siamo sulla stessa barca!

E cerco di spiegarvelo in maniera diretta, seppur molto sintetica.

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Chi vive nei centri storici delle città e non nelle periferie degradate, non è ”sulla stessa barca” con gli altri.

Chi non fa lavori ”comuni” e, quindi, non riesce (o non vuole) comprendere che si stanno demolendo i diritti dei lavoratori per via di questa rincorsa verso il peggio che obbliga alla ricerca di mano d’opera a basso costo, non è ”sulla nostra stessa barca”.

E chi non capisce che questa corsa al ribasso dei salari danneggia essenzialmente le fasce di lavoratori meno professionalizzati e quindi più esposti (e di conseguenza più poveri) non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi non vede (o non vuole vedere) che la popolazione straniera residente continua a crescere, anche se di lavoro ce n’è sempre meno, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi non considera il fatto che, insieme a tanti poveri cristi, arrivino tanti delinquenti e criminali, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi crede che, nonostante una infinita crisi economica, sia possibile continuare a spendere per un’accoglienza tramutasi in assistenzialismo perpetuo a carico dello Stato, perciò togliendo risorse a famiglie italiane nelle stesse condizioni, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi non capisce che, non potendo accoglierli tutti, vi sarà una parte non irrisoria di immigrati che troverà strade alternative, e sarà arruolata dalle nostre organizzazioni criminali (Mafia, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona), non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi non afferra il concetto che molti di questi immigrati aspirino all’accoglienza ma non all’integrazione, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi fa finta di illudersi che a costoro (non a tutti, ovviamente!) nulla importi della laicità dello Stato, dei diritti delle donne e dei minori, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi non avverte il pericolo che vi sia una diversa sensibilità sull’esigenza di isolare violenza e terrorismo, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi non vede le dimensioni dell’ulteriore impoverimento dei Paesi di provenienza causata da questa fuga in massa, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi fa finta di credere che i flussi migratori non siano incoraggiati da un pensiero globalista di stampo neo liberista (e quindi da multinazionali e organizzazioni varie) ma alimentati spontaneamente solo dalla disperazione e dalla povertà, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Chi è un apolide, che non ha a cuore l’identità della propria nazione, e quindi non viene turbato da continue e persistenti iniezioni di multiculturalismo, e che non ha interesse nel contrastare ogni fenomeno che porti alla destrutturazione e all’indebolimento delle identità comunitarie, non è ”sulla nostra stessa barca”.

Infine… chi prende il taxi e mai un bus o la metro, non può capire cosa significhi stare su un barcone. Al massimo, su uno yacht!

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