Torniamo a parlare di nutrienti geneticamente modificati, Ogm. Lo spunto arriva dall’associazione biologi ambientalisti pugliesi (Abab) che ci ha mandato questo interessantissimo documentario. Guardatelo (possibilmente prima di infilarvi in una panetteria o di farvi una spaghettata), mettetevi comodi in poltrona, richiede almeno un quarto d’ora di attenzione. Intervengono storici della scienza, biologi, agronomi e medici nutrizionisti.

La domanda di partenza è: come mai il frumento che per millenni ha nutrito gli essere umani  provoca sempre più intolleranze (assieme al latte e ai lieviti)?
Si ripercorre la storia dell’ingegneria genetica applicata alle coltivazioni, si ricorda che fu il professore di agraria Gian Tommaso Scarascia Mugnozza il primo italiano a migliorare geneticamente il frumento (grano duro e tenero) con trattamenti al cobalto radioattivi  (per ottenerne una varietà nana, più resistente).
Dagli anni Cinquanta il frumento Ogm è diventato ingrediente onnipresente sulle nostre tavole. Di pari passo sono cresciute le malattie perchè “alimenti non compatibili con l’organismo come quelli geneticamente modificati non vengono riconosciuti dalla memoria delle nostre cellule” e provocano “infiammazioni e acidità nel corpo”. Il tutto in una catena infinita visto che gli Ogm, inquinando le falde acquifere, ritornano in circolo.

Altra domanda: perché mangiamo Ogm e non lo sappiamo? La direttiva Europea del 2001 che definisce gli Ogm (e obbliga a specificarne la presenza sulle etichette) introduce però un paio di deroghe, una di queste afferma che per la mutagenesi  può non esserci segnalazione. E che cos’è la mutagenesi consentita? “Qualsiasi modificazione artificialmente  indotta sull’acido nucleico, ottenenuta anche con radiazioni”. Il che vuol dire che per la direttiva Ue un frumento Ogm non può dirsi Ogm.

Conclusioni: gli Ogm a cui è vietato l’ingresso dalla porta principale  rientrano dalla finestra… proprio come fanno i ladri…

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