A proposito di cure su misura
Questa settimana mi ha incuriosito una notizia: le donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno positivo agli ormoni femminili (e assenti le metastasi ai linfonodi) hanno la possibilità di fare un test genetico predittivo (si chiama Oncotype DX) che dirà se, “nel loro caso”, è utile la chemioterapia.
Il test è stato presentato in questi giorni a Milano. Si esegue su un campione di tessuto tumorale, individua 21 geni. Ed è più raffinato rispetto alle tecniche che si eseguono negli ospedali e che classificano già la malignità del cancro in base all’indice di proliferazione (Mib-1 o Ki 67).
“Si misura un ‘recurrence score’, cioè un indicatore della individuale probabilità di ricaduta a dieci anni dalla diagnosi” spiega Giampaolo Bianchini,oncologo e ricercatore di biomarker all’ospedale San Raffaele.
Un tumore con quelle caratteristiche ha un’ottima prognosi, per questo non è mai (o quasi mai) consigliata la chemioterapia, che senso ha questo test?
“Si è visto che anche nel sottogruppo di donne con tumore ormonosensibile, senza metastasi ai linfonodi, ci sono pazienti che non hanno recidive e altre che invece manifestano un tumore molto aggressivo”.
Ma queste caratteristiche non si scoprono già guardando al grado del tumore G (da 1 a 4) e all’indice di proliferazione?
“In teoria sì, di fatto no. Perché è stato provato che lo strumento che rivela l’indice di proliferazione (Ki 67) non è perfetto: se ripeto più volte il test sullo stesso tessuto, il risultato può cambiare”.
Sta dicendo che tutte noi crediamo di avere un tipo di tumore e che, ad oggi, l’istologia non è una scienza esatta?
“Dico che lo strumento è approssimativo. Ma fra il “niente” e il Ki67, è meglio il Ki 67”.
Ora però c’è un test preciso…
“Ci sono situazioni già chiare (metastasi, gradi avanzati o al contrario bassissimi indici proliferativi), a proposito delle quali l’Oncotype non anticipa nulla di nuovo. Al contrario, il test ci aiuta quando c’è incertezza: su una popolazione molto ristretta, ci permette di dire alla paziente che su di lei la chemio avrà un effetto, mentre, su un’altra, la stessa chemio si rivelerebbe inutile”.
Per seguire questa logica bisogna essere certi dell’utilità della chemioterapia. Gli ultimi studi di Morgan e Moss apparsi sul Journal Clinical Oncology rivelano che la chemioterapia non contribuisce più del 2% alla sopravvivenza, recentemente su Nature si è mostrato il fenomeno che porta alla chemioresistenza e fa insorgere altri tumori.
“Questi non sono studi da prendere in considerazione”.
Ma sono peer review…!
“Non vuol dire niente. Ci sono lavori che affermano l’opposto, la metanalisi di Oxford afferma che la chemioterapia riduce il rischio di recidiva del 25%”.
Roba da matti, le metanalisi sono come le leggi, ce n’è sempre una contro e una a favore (però quella che ha citato lei è più vecchia). Tornando al test, quanta gente lo ha fatto?
“In Italia, pochissime persone, il problema è che costa 3mila 200 euro e il sistema sanitario non lo paga. Negli Stati Uniti, il test è rimborsato dalle assicurazioni perché si è visto che riduce di molto l’uso della chemioterapia, del 63% nel 2006 e del 45% nel 2009. Da noi, il fatto che la spesa sia a carico del malato non permette una vera libertà di scelta per i pazienti”.
Monti ha detto che il sistema sanitario rischia il default, dovendo scegliere, è più importante rimborsare la somatostatina a chi non se la può permettere, visto che è un farmaco che arresta la crescita dei tumori.
“Non è provato che la somatostatina fermi i tumori” .
Ho diverse cartelle cliniche di chi si è curato con Metodo Di Bella, e qui la somatostatina è un farmaco cardine.
“Il metodo Di Bella funziona perché si dà un chemioterapico da 50 mg, tutti i giorni e, nei tumori al seno, gli anti-ormoni, sono entrambi molto efficaci”.
E allora perché a tutti i malati di cancro del mondo non danno la chemio da 50mg?
Ricapitoliamo: non è provato scientificamente che la somatostatina fermi i tumori, ma se ci sono riviste scientifiche che dimostrano che la chemio non serve a niente o fa addirittura male, queste riviste non sono prese in considerazione.
Cura su misura o accreditamento fai da te?