“Pentito io? E di che cosa, di essere me stesso?” Cronaca di un colloquio alla procura di Torino. Si raccolgono informazioni sulla vicenda Stamina. Ma i toni sono inquisitori. “Mi sono sentito a processo, quando ho parlato di miglioramenti sui malati dopo le infusioni, ho avvertito ostilità”.

Parla Giuliano Mastroeni, 70 anni, neurologo. Lui che ha visitato 29 pazienti dei 34 trattati agli Spedali di Brescia e che si è presentato dai Nas di Torino con il materiale contenuto in una chiavetta.

“Dentro c’era una sintesi del mio lavoro – racconta – avevo già consegnato a Stamina gli approfondimenti dettagliati: la storia clinica di ciascuno, esami, lastre, video, quando sono iniziati i sintomi e quanto gravi erano e cosa è successo dopo le infusioni di cellule staminali. Le dico subito che ho visto miglioramenti nella maggioranza dei casi, è tutto dimostrato”.

Ma lei le ha potuto raccontarle queste cose?

“Parlavo ma l’impressione era di preconcetto e chiusura. Il luogotenente dei carabinieri ha messo in dubbio ogni mia parola”.

Ma come, c’era solo lei e un carabiniere?

“Sì” .

Di cosa ha dubitato il militare?

“Per prima cosa del fatto che non avessi ricevuto soldi, né dai parenti dei malati né da Vannoni. Mi sono preso a cuore i pazienti di Brescia per puro interesse professionale”.

Andiamo con ordine. Mastroeni vive in Valcamonica, figlio e padre di medici, (“ho visto morire il mio papà a 53 anni per la sclerosi multipla”), per 6 anni medico ospedaliero, per i successivi 34 medico di famiglia e neurologo in libera professione. E oggi, che è in pensione, è consulente in una casa di riposo.

Come si è avvicinato a Stamina?

“Purtroppo in famiglia abbiamo avuto casi di malattie degenerative e da quando è cominciata la vicenda Stamina, ne ho sempre seguito con interesse l’evoluzione . Mi sono offerto di seguire i pazienti di Brescia, a cominciare dall’estate 2013 quando ho sentito che c’era bisogno di un neurologo. Su 34 malati trattati agli Spedali ne ho osservati nel tempo 29”.

Chi ha visto migliorare tanto?

“Sicuramente Luca M., il dirigente della Regione Lombardia colpito da Sma di tipo 5. Quando ha iniziato i trattamenti faceva fatica a camminare, dopo due infusioni ha ripreso a muoversi e alla fine del ciclo ha messo su almeno 15 chili di muscoli e ha cambiato completamente aspetto. Io l’ho conosciuto alla sua seconda infusione. Se non avessi saputo che la diagnosi genetica della sua malattia era stata fatta all’istituto Besta di Milano, avrei dubitato”.

E chi non è migliorato?

“Uno dei due malati di Parkinson. Il primo, il più giovane, di 62 anni, è riuscito a riprendere a scrivere e a disegnare, sul secondo, invece, un uomo di 77 anni malato da almeno 15, le infusioni non hanno avuto effetto”.

Altre valutazioni?

“Nelle Sla sempre sintomi attenuati in maniera evidente, in un paziente colpito da sclerosi multipla nessun progresso. Riuscimmo anche ad arrivare a un perché: dopo il carotaggio (il prelievo di cellule da donatore) e la coltura, si stabilì che non vi erano abbastanza cellule nel preparato ma il medico che aveva in cura il paziente decise comunque per l’infusione”.

Altri sintomi attenuati?

“Se penso a Celeste (Sma 1), la difficoltà a respirare. La piccola tolse il respiratore durante il giorno, in quasi tutti i bambini si sono ridotte le infezioni respiratorie e le crisi epilettiche. Molti sono cresciuti di peso, il loro fegato e la loro milza hanno raggiunto dimensioni quasi normali. E poi ho evidenziato i movimenti, continui e costanti, manine, gambe e anche la testa e le spalle”.

Sembrano progressi importanti…

“Il professor John Bach, esperto mondiale di Sma, è stato a Venezia nel settembre scorso, osservò i bambini e si stupì della forza muscolare delle gambe di Celeste e Sebastian. Confermò che in queste patologie si regredisce e non si migliora mai. E suggerì l’importanza di avviare una sperimentazione”.

Tornando al colloquio con il carabiniere.

“Non ha creduto che avessi lavorato gratis, non ha dato peso alla mole di dati che gli ho detto di aver consegnato. Mi ha chiesto se avevo la certezza che i miglioramenti fossero dipesi dalle cellule Stamina ed io ho risposto che questo non si può sapere fino a quando non si fa una sperimentazione con tutti i crismi ma comunque il fatto di osservare benefici è già un dato clinico importante, degno di nota. Ha voluto anche sapere se fossi a conoscenza del contenuto delle fiale, ho risposto che non era compito mio”.

Le è stato chiesto se vi fosse del cortisone?

“Esattamente. Dopo che ho precisato di non conoscere il contenuto ho detto anche che nelle malattie in cui non vi è infiammazione, il morbo di Krabbe o la Sma, ad esempio, il cortisone non fa assolutamente nulla, quindi i miglioramenti non possono dipendere dal cortisone”.

Nel fascicolo dell’inchiesta preliminare è messo a verbale che lei ha dichiarato “di non poter curare la psoriasi alla stregua della degenerazione neuronale con lo stesso presunto metodo”, che significa?

“Visitai un paziente con Sla che aveva anche la psoriasi. Quest’ultima migliorò decisamente dopo due infusioni, ma non si può mettere questo miglioramento in relazione alle cellule staminali perché la psoriasi ha anche remissioni spontanee”.

È scritto anche che lei si è deciso a interrompere la collaborazione con Vannoni fino a quando la vicenda non sarà chiarita.

“Quando ho capito, dopo 4 ore di colloquio, che avrei speso soldi in avvocati e sarei finito sotto processo ho detto che avrei interrotto la collaborazione con Vannoni. A quel punto il carabiniere mi ha lasciato andare”.

E così Giuliano Mastroeni, neurologo con 40 anni di esperienza clinica, convocato come persona informata dei fatti – conoscendo bene le cartelle cliniche di Stamina e avendo visitato e seguito nel tempo 29 malati – scopre che per la procura quelle prove non sono interessanti. E che è difficile credere a un professionista che lavora “senza ricevere niente in cambio”. Infine che per non andare a processo bisogna dire a un carabiniere “sì, ha ragione lei”.

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