Ciao Miranda, a te sempre “ciao”. Non ti si può dire addio. Le anime belle non hanno più i limiti del corpo, fluttuano verso la Bellezza e ci stanno vicine. Imparerò a ritrovarti così, anche senza vederti. Ho saputo dal consierge di un grand Hotel della città che sei volata via il 30 gennaio. Per te, Miranda Maestri, livrea e guanti bianchi. Ma senza finzioni nè formalismi. Nel salotto di Milano, che hai contribuito a rendere magico, chi ti ha apprezzato non ti dimenticherà. Se via Montenapoleone ha avuto la sua “parrucchiera delle dive” lo deve a te. Se il quadrilatero della moda ha potuto contare su un’imprenditrice che ha continuato a investire anche negli anni di crisi e a creare lavoro, lo deve anche a te.

Si esce di scena da regine quando si ha la bellezza dentro. Quella che tu trasmettevi con un colpo di forbici o pettinando con le mani. Ma anche quella che si percepiva vedendo la passione con cui lavoravi e il modo delicato che avevi di trattare con le persone.

Ti avevo conosciuta nel 1984, io avevo 16 anni, tu 40. Eravamo in ospedale insieme, appendicite io, tumore al seno tu. Ti ho ritrovata dopo quasi trent’anni inseguendo una scia di coincidenze perfette: il mio cancro sopraggiunto alla tua stessa età. Ne ho parlato qui.

Mi avevi dato il permesso di scrivere di te. Senza bugie.

Per questo ora non dirò che te ne sei andata “dopo lunga malattia” o “per un brutto male”. Ma non è stato il tumore al seno a ripresentarsi: quello l’avevi schiacciato ben bene sotto il calcagno della tua volontà, dopo l’intervento e la chemio.

No. È stato uno stramaledetto linfoma. Uno di quelli che oggi si dovrebbe curare al 70%. Peccato che dopo la prima chemio sei rimasta paralizzata tre mesi (effetti neurotossici per dosi da cavallo, succede in un grande ospedale che ha il vezzo di nominare i reparti in inglese).

Non hai avuto nessun risarcimento, solo un “mi scusi tanto” da parte dell’oncologa che per questo errore madornale non è stata sospesa dal lavoro neppure un giorno: curriculum pulito, lei ha fatto il suo dovere applicando il protocollo e pazienza se lo ha fatto “alla carlona” come si dice a Milano. Sì perchè gli oncologi non rispondono dei loro sbagli, come accade a un chirurgo o a un ortopedico e quando qualcosa va storto, è tutta colpa della sfortuna.

Piano piano hai ripreso a camminare. Sei stata bene sette mesi, forse meno. Poi ancora chemio. E dopo? “Finalmente sono in negozio, ti aspetto”.

Ho tardato. Fino all’altro giorno quando mi è arrivata la mail dal grand Hotel.

Che rabbia aver mancato l’ultimo abbraccio.

Voglio credere “oltre”. Oltre la nostra illusione di tempo e spazio dove la rabbia è rarefatta come l’ossigeno senza la Terra.
E che mi saluterai ancora dalla tua finestra liberty.

Ciao, Miranda.

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