Dal dolore di stringere fra le braccia un figlio malato la volontà di realizzare qualcosa di grande: uno screening neonatale – al momento esteso all’ospedale Meyer di Firenze – per individuare la malattia prima che si manifesti e poterla curare. Ed “evitare ad altri bambini l’orrore che si sta portando via nostra figlia”. Parole di mamma e di papà.

Dalle porte sbattute in faccia (“non c’è nulla da fare per la vostra bambina, rassegnatevi“); dal sentirsi criticati per aver donato le proprie cellule (“vi siete fidati di ciarlatani, la scienza è altro“) e non creduti (“con le nostre cellule la piccola stava meglio“); da tutto questo all’intraprendenza generosa, il passo è stato breve.

Lo è stato per i genitori di Sofia, la bimba colpita dalla grave Leucodistrofia metacrocromatica, conosciuta al grande pubblico per aver partecipato alla trasmissione delle Iene quando l’Aifa proibì le infusioni Stamina all’ospedale di Brescia.

Poi la vicenda si è conclusa nel modo che abbiamo visto e, Caterina Ceccuti e Guido De Barros, mamma e papà di Sofia, sono partiti da “quel” dolore. “Da quando, quattro anni fa, l’ospedale San Raffaele di Milano ci ha rifiutato la terapia genica perchè Sofia zoppicava un po’”.
La terapia genica è prevista per chi, malato di Leucodistrofia, non presenta ancora sintomi. Cliccate qui.
Ma, senza disturbi, come si fa a sapere di essere malati? Non si può. Infatti al San Raffaele stanno curando i fratellini asintomatici dei bimbi malati.

Dunque, il mondo può ancora crollare sulla testa di genitori che ignorano di essere portatori del difetto genetico. “Poichè – ci spiega Guido De Barros – la malattia si manifesta solo dopo il primo anno e mezzo di vita. Chi nasce con il difetto genetico non è diverso da un neonato sano e quando ci si accorge dei primi sintomi è troppo tardi per la terapia salvavita”.

Da qui l’idea di avviare il nuovo screening: entro tre anni, ai neonati del Meyer, verranno prelevate poche gocce di sangue, le stesse che bastano in tutti gli ospedali italiani per diagnosticare precocemente la fibrosi cistica, l’ipotiroidismo e la fenilchetonuria.

Guido e Caterina hanno fondato la Onlus “Voa Voa”, dalle prime sillabe pronunciate da Sofia quando ancora si accorgeva del volo dei piccioni. Voa Voa assieme a Progetto Melina hanno finanziato lo screening all’ospedale fiorentino con 32mila euro, fifty, fifty. Cliccate qui.
Il test sulle gocce di sangue individuerà infatti sia la Leucodistrofia Metacromatica sia la Adrenoleucodistrofia X-linked. Ė quest’ultima la malattia genetica del metabolismo che si cura tutt’oggi con il famoso Olio di Lorenzo, scoperto negli Stati Uniti da Augusto e Micaela Odone, i genitori di Lorenzo e autori del Progetto Melina.
Anche nel caso dell’Adrenoleucodistrofia la diagnosi precoce è fondamentale: grazie all’Olio di Lorenzo, somministrato tempestivamente, è possibile frenare la malattia.

Il denaro raccolto dalle due associazioni sosterrà il laboratorio diretto da Giancarlo La Marca dell’ospedale Meyer. Che ha detto: “E’ un onore per noi ricercatori sviluppare un test raccogliendo la richiesta che arriva da chi è più sensibile e attento al bambino: i genitori”.

Ed è un onore per noi dare risalto a notizie come questa.  Dove non arriva l’industria, dove lo Stato non sollecita (chi fa ricerca), non sceglie (chi finanziare), sperpera (i nostri soldi ) e promette a vuoto (come il ministro Lorenzin), la volontà di mamme e papà centra l’obiettivo: soldi raccolti e subito usati per terapie o screening. Come se vivessimo in un mondo vero e perbene.
 

Tag: , , , , , , , , , ,