In questi giorni abbiamo conosciuto la storia di Lara, 24 anni, malata di leucemia. La giovane è riuscita, grazie al web, a trovare un donatore di midollo compatibile con il suo raro codice genetico. Cliccate qui.

E, per attrazione, o coincidenza, la mia memoria ha recuperato un’altra storia degna di attenzione.

Mi scuso con la protagonista, Mariateresa, mia coetanea, se la sua richiesta è rimasta nella cartella “importanti” per quattro mesi.

Grazie a Lara, vi presento Mariateresa. Ecco la sua lettera.

Nel 2012 ho fatto tutti i test di compatibilità del midollo osseo per aiutare mia sorella, purtroppo mancata un attimo prima di poter fare il trapianto.
Oltre al dolore immenso, mi rimane la frustrazione di non potermi iscrivere all’IBMDR (il registro nazionale dei donatori di midollo con sede all’ospedale Galliera di Genova) e diventare potenziale donatrice per qualcun altro. Oggi ho 48 anni: per legge, si può donare il midollo fino a 55 anni.
Avrei ancora sette anni di tempo ma la donazione mi è vietata perchè avrei dovuto iscrivermi al registro entro i 38 anni. Un assurdo: se il midollo è considerato “buono” e donabile fino a 55 anni, perché non mi posso iscrivere a 48?”

Purtroppo il limite anagrafico sembra determinante, Mariateresa ha scritto all’IBMDR, ha parlato con i primari di Ematologia, niente da fare: le buone intenzioni si pietrificano davanti al regolamento. “Per me poter donare il midollo significherebbe dare un senso a un’esperienza bloccata drammaticamente (vuole anche dire non sprecare le risorse dedicate ai test)“, ci spiegò Mariateresa.

Cosí, nel cercare una risposta per Mariateresa direttamente al registro nazionale donatori, ci è stato detto che nel frattempo la situazione è cambiata. Che anche a loro, ai responsabili della banca dati, il paletto imposto a chi aveva già svolto test e pratiche legali, pareva un’assurdità.
Abbiamo appena valutato che, per i parenti dei malati disposti a donare, decade il limite dell’iscrizione al registro a 38 anni. Al di sotto dei 55 anni, un parente può sempre aderire“.

E chi non è parente?

“Chiunque si può iscrivere come donatore di midollo osseo dai 18 ai 35 anni e rimane nella banca dati fino a 55 anni. L’iscrizione non coincide con la donazione. Quest’ultimo gesto è possibile solo quando vi è compatibilità con il richiedente”.

Perchè l’iscrizione entro i 35 anni, se si può donare fino a 55?

“Diversi studi hanno indicato il donatore ideale come giovane e maschio”.

Perchè maschio?

“L’uomo è più pesante, la quantità cellulare dipende dal peso, con più cellule vi è maggior probabilità di riuscita. E poi perchè le donne che hanno già avuto una gravidanza, anche interrotta, sviluppano l’ anticorpo Hla, utile a proteggere il feto ma che potrebbe compromettere l’esito del trapianto”.

Al registro donatori di midollo, in Italia, sono iscritte 360 mila persone, nel mondo 27 milioni. La novità che tocca da vicino Mariateresa è che d’ora in poi tutti i familiari di malati che hanno già fatto i test di compatibilità risulteranno iscritti anche se hanno più di 35 anni. “Sono una risorsa e verrebbero inseriti a costo zero” spiegano al registro.

Come si verifica la compatibilità?

“O con un prelievo di sangue o con la saliva o prelevando le cellule con un bastoncino in cotone all’interno della guancia dove le stesse si ‘sfaldano’ con facilità”.

Dove si preleva il midollo?

“Nella parte superiore delle ossa del bacino, le creste iliache”.

Chi si rivolge al registro?

“Chi non ha un donatore tra i familiari. Più del 70% dei richiedenti trova un donatore. Oggi esistono anche forme di trapianto alternativo, quando ad esempio un familiare è compatibile per il 50 %”.

Il numero degli iscritti è molto alto, c’è bisogno di cosí tanti donatori?

“Ci poniamo sempre questa domanda…Sí ce n’è bisogno, per rispondere a tutti. Abbiamo cercato di ottimizzare le risorse e includere i parenti è stato un primo passo. Abbiamo anche ottenuto fondi ministeriali. Le associazioni si occupano di sensibilizzare i giovani con giornate dedicate, anche nelle scuole. I centri regionali sono 70 ma 150 le strutture da cui il cammino può partire”.

Per informazioni sul registro cliccate qui.

Concludo. Qualche anno fa, quando mi presentai all’istituto Mario Negri per intervistare il fondatore del polo farmacologico, Silvio Garattini (volevo capire perchè, dopo anni dalla bocciatura del Metodo Di Bella ci fossero ancora tanti malati disposti a pagarsi quella cura contro il cancro. Cliccate qui e qui) , nel salone in cui restai in attesa, mi accorsi di un ritaglio dell’Eco di Bergamo appeso in bacheca.

Vi era riportata la storia di una ricercatrice del Mario Negri che si ammalò. Per affrontare il suo tumore del sangue la donna intraprese diverse cure: mi ero immaginata l’aspettativa davanti alla terapia di prima linea, poi la delusione. Poi l’energia per ripartire con un piano B e una seconda delusione. Se non ricordo male, la giovane ricercatrice ebbe davanti a sè una terza strada farmacologica, ma anch’essa si rivelò un fallimento. Alla fine la donna dichiarò “di essere riuscita a curarsi grazie a un trapianto di midollo: una delle sue quattro sorelle era compatibile con lei. E le aveva salvato la vita. Mi ero immaginata la gioia in quella numerosa famiglia e mi chiesi anche se qualcuno di loro avesse formulato un pensiero simile al mio: forse, il guardarsi più dentro  e meno fuori, ci aiuterebbe di più? Più cellule e meno farmaci?

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