No al vaccino antinfluenzale obbligatorio per medici e over 65enni. Lo ha deciso ieri il Tar della Calabria accogliendo il ricorso presentato a giugno da associazioni di professionisti e cittadini. Non spetta alle Regioni decidere a riguardo. Il tribunale amministrativo dice chiaro che il provvedimento regionale è in contrasto con la Costituzione (art.32, comma 2). La Carta prevede infatti che i trattamenti sanitari obbligatori “siano coperti da riserva di legge statale”. Cliccate qui.

Significa che per istituire un obbligo vaccinale ci vuole una legge nazionale. E un parlamento che la discuta, con i tempi necessari e le dovute correzioni.

Ne avevamo parlato qui a proposito dell’ordinanza “fotocopia” emessa dalla Regione Lazio. Il Tar laziale si pronuncerà il 29 settembre nel merito di sei ricorsi, uno dei quali aveva chiesto anche una sospensiva in attesa dell’udienza che però due giorni fa non è stata concessa. 

Il Tar calabrese ha perciò accolto il ricorso di medici e cittadini. Si legge nella sentenza che “data la natura assorbente del vizio riscontrato, il giudice amministrativo si asterrà dall’esaminare i successivi motivi di ricorso”.

E ancora: “In particolare, deve essere sottolineato come non verrà esaminato l’ultimo motivo di ricorso, con cui si contesta la logicità e la ragionevolezza dell’imposizione dell’obbligo vaccinale, e più in generale si contesta l’efficacia del vaccino antinfluenzale”.

Già. I medici di Calabria e Lazio sono insorti anche per vari motivi di merito. Il primo e più importante riguarda la cosiddetta diagnosi differenziale addotta come unica motivazione scientifica. Gli amministratori regionali che vorrebbero imporre l’obbligo del vaccino (vincolando la puntura al diritto al lavoro e alla socialità, “senza, non si può nè lavorare nè partecipare a centri di aggregazione”) avevano motivato l’obbligo dicendo che “se ci si vaccina contro l’influenza e poi si è colti da febbre questa è sicuramente Covid”.

Luca Speciani, presidente dell’associazione AMPAS (Medici per un’alimentazione di segnale) aveva così commentato:

Se uno studente di Medicina dicesse una castroneria simile a un esame, non solo sarebbe bocciato, ma verrebbe invitato a non presentarsi per i successivi due anni. È un’affermazione senza fondamento che può rivelarsi pericolosa”

Viste le motivazioni del ricorso, già il 4 agosto il tar del Lazio aveva chiesto al Comitato Tecnico Scientifico, CTS, di spiegare il legame con l’influenza stagionale e il Covid. “L’istruttoria chiarificatrice sarà tuttavia stilata da un comitato indipendente avendo noi citato in giudizio i membri del CTS” ha precisato Speciani.

I ricorrenti hanno poi allegato studi sul vaccino contro l’influenza. Si tratta di un vaccino protettivo verso 4 virus stagionali, tuttavia ogni anno sono centinaia i virus responsabili delle sindromi influenzali (ecco perché i vaccinati si possono comunque ammalare di influenze).

È riportato, inoltre, che questo tipo di vaccinazione, pur proteggendo di più i vaccinati contro i 4 virus (rispetto ai non vaccinati) rende i vaccinati più sensibili alle polmoniti e alle malattie respiratorie da coronavirus. Cliccate qui.

Tornando al Tar della Calabria

Alessandro Gaetani, uno degli avvocati che ha curato entrambi i ricorsi regionali assieme alle colleghe Samanta Forasassi e Sara Forasassi, è soddisfatto anche di un altro aspetto. “Il Tar della Calabria ha ribadito il diritto della persona a essere curata efficacemente secondo i canoni della scienza e dell’arte medica (si citano varie sentenze della Corte Costituzionale). Le condizioni di uguaglianza devono essere rispettate in tutto il Paese attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. Non si parla dunque di una scienza migliore delle altre ma di una condivisione di indirizzi”.

Conclusioni. Non esiste una “miglior scienza”. Non esiste un podio scientifico. Non esiste un portavoce dell’unica scienza.

Esistono i lavori condivisi. 

 

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