Oggi affrontiamo il tema delle mascherine perché alcuni studiosi chiedono di rivederne le regole. Servono davvero? E quando?

Ricordiamo che il decreto legge che ne ha introdotto l’uso prevede “l’obbligo di portarla con sè” e di indossarla sempre nei luoghi chiusi mentre all’aperto salvo quando è garantita una condizione di isolamento. Le stesse regole dovrebbero valere per le scuole. Tuttavia accade che, per eccesso di zelo (o per paura), si indossino mascherine anche quando si cammina all’aperto da soli, mentre si guida o si è seduti in classe per diverse ore, benchè i banchi siano a più di un metro di distanza l’uno dall’altro.

Quanto protegge la mascherina?

Quello che però non tutti sanno è che i pochi studi validi (randomizzati) sulla capacità delle mascherine di evitare le infezioni respiratorie non ne hanno mostrato l’efficacia in particolare all’aperto. E che in alcuni casi, portarle fa più male che bene (quando si è positivi al virus non si dovrebbe reinalare il proprio espiro. Ma anche se si soffre di cuore o si è anziani, mettere una barriera alle vie respiratorie non è un toccasana).

Attenzione, si tratta di studi pubblicati prima dell’avvento della pandemia. E che i rappresentati del Comitato Tecnico scientifico avrebbero dovuto far presente al momento della stesura dei Dpcm. Invece, niente. O meglio si disse un’altra cosa che, curiosamente, non trova riscontro nei lavori scientifici ma che è stata universalmente accettata.

Si disse che “pur non evitando i contagi, le mascherine ridurrebbero la carica virale”. Da qui l’abitudine a indossarla anche quando si cammina da soli.

Facciamo chiarezza

Ascoltiamo gli interventi di Alberto Donzelli, specialista in Igiene e Medicina preventiva, dirigente medico e membro del Comitato scientifico della Fondazione Allineare Sanità e Salute.

Ascoltate qui e qui.

Donzelli ricorda le tre condizioni necessarie per rendere un provvedimento sanitario obbligatorio: “Occorrono forti prove di benefici, forti prove di sicurezza e che i benefici superino i rischi: le mascherine tenute all’aperto mancano di tutte e 3 le condizioni”. A supporto, Donzelli cita la più ampia ricerca randomizzata e controllata sull’uso delle mascherine. Cliccate qui.

Ottomila pellegrini a La Mecca seguiti per tre anni dal 2013 al 2015 e divisi in due gruppi. “Nel gruppo di chi ha indossato la mascherina tutti i giorni, nella migliore delle ipotesi non è accaduto nulla, nella peggiore ipotesi c’è stato un aumento dell’80% delle malattie respiratorie. Si è rilevato, in media, un 30% in più di sintomi di malattie respiratorie”.

Commenta Donzelli: “Gli autori si sarebbero attesi una protezione maggiore fra chi indossava le mascherine, non il contrario. Come si spiega? Nelle prime vie respiratorie si trovano le difese innate, naso e gola si comportano da filtri. Ma se noi re-inaliamo continuamente una quota dei germi che espiriamo (come anche parte della nostra anidride carbonica), ecco che virus e batteri vengono spinti giù fino a raggiungere gli alveoli polmonari. A differenza delle alte vie respiratorie, l’apparato polmonare non ha difese innate pronte contro grandi cariche virali e, quando dopo 10 giorni, arrivano le difese adattive (anticorpi specifici) trovando troppi germi possono scatenare un grave stato infiammatorio”.

Non solo.

Uno studio tedesco conferma che alcune maschere come le FFP1-2-3 riducono la funzionalità polmonare, cliccate qui. Precisa Donzelli: “Per bilanciare l’insufficiente apporto di ossigeno il cuore deve aumentare la propria attività, chi è sano non accusa disagi, a meno che la situazione non si protragga, ma chi ha uno scompenso cardiaco, chi è anziano o pratica sport deve fare i conti con una funzionalità polmonare ridotta”.

Ecco perché la Fondazione di cui Donzelli è membro, “Allineare Sanità e Salute” chiede che le attuali disposizioni siano ridiscusse.

“Occorre informare correttamente e puntare sul senso di responsabilità individuale: la mascherina all’aperto è utile se ci si trova allo stadio, quando si grida e si canta o quando si parla a meno di un metro di distanza. Non ha senso per chi cammina da solo a passo spedito o per gli studenti fermi nei loro banchi. Men che meno su un anziano che trascorre la giornata a letto o sulla propria sedia. In alcune RSA gli ospiti portano la mascherina per tutto il giorno: non ha senso.

Si trasforma poi in un dispositivo pericoloso per chi è positivo o con sintomi.

A scuola sarebbe sufficiente cambiare l’aria nelle classi ad ogni ora, tenere sotto controllo il livello di anidride carbonica. Per non alzare la voce, che fa emettere decine di volte più aerosol, l’insegnante potrebbe usare un microfono”.

Donzelli ricorda che posizioni così rigide sull’impiego delle mascherine non sono giustificate dal punto di vista scientifico, infatti nessun altro Paese ha regole severe come le nostre. Ci ricorda anche che l’espirazione è un sistema che l’evoluzione ha selezionato per liberarci dai germi, “esattamente come la diarrea favorisce l’eliminazione delle intossicazioni intestinali e nessuno si sognerebbe mai di bloccarla. Vi sono ricerche che misurano il danno provocato dall’anidride carbonica reinalata (sonnolenza, perdita di concentrazione). Il nostro espiro, se libero, si diluisce immediatamente, in un metro cubo aria vi sono mille litri aria, in uno sgabuzzino 27mila litri, se mettiamo una barriera su naso e bocca impediamo il naturale ricambio e rischiamo di ritrovarci i polmoni intasati e affaticati.

La probabilità di infettarci respirando all’aperto è irrisoria (vi è lo stesso rischio di venire colpiti da un oggetto dall’alto, eppure nessuno gira con l’elmetto). Il vero problema è l’inquinamento: il particolato sottile, pM10 e pM2, deteriora i polmoni, infatti nelle zone inquinate come la Pianura Padana l’aumento di mortalità da Covid è stato importante”.

Conclude Donzelli: “Si tenga conto anche della mole di spazzatura, nel 2018 i rifiuti a rischio infettivo erano 144mila tonnellate, nel 2020 abbiamo avuto 150mila tonnellate solo di mascherine”.

Non è ancora tutto. Altri importanti lavori segnalatici dal dottor Fabio Franchi smascherano la presunta efficacia delle mascherine, cliccate qui per l’uso in sala operatoria: non vi sono valide prove che proteggano chirurgo e paziente. E qui per la scarsa protezione dalle forme influenzali.

Ringrazio anche il dottor  Claudio Colombo per avermi segnalato altri 3 lavori, il più importante dei quali, pubblicato a maggio, ė una metanalisi che conferma le considerazioni di Donzelli:

A maggio i CDC hanno pubblicato una meta-analisi che, basandosi su 10 altri studi, ha misurato l’efficacia di tutti i tipi mascherine per limitare i contagi influenzali. Non è emersa riduzione significativa nella trasmissione delle influenze con l’uso delle mascherine. Il lavoro ha esaminato 10 studi controllati randomizzati e si è basato sulla letteratura disponibile dal 1946 al 2018.

Link alla pubblicazione sulla rivista Emerging Infectous

Stesse conclusioni nel lavoro della Stanford University che ha messo in guardia dai pericoli di uso continuativo, cliccate qui

Infine, il lavoro di ricercatori tedeschi sulle sostanze contenute nelle mascherine, cliccate qui.

 

 

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