Di cosa ha bisogno la Sanità italiana? Non certo di allontanare i medici del servizio pubblico preferendogli i turni delle cooperative esterne. Neppure di ridurre al lumicino i medici di medicina generale, ingabbiati nello svolgimento di mansioni da burocrati e disincentivandoli dal visitare i pazienti a domicilio.

Uno dei tanti insegnamenti che ci ha lasciato questa pandemia è proprio la consapevolezza dell’importanza della Medicina del territorio.

Ricorderete l’oncologo e professore di Piacenza, Luigi Cavanna, che già nel novembre 2020 si impegnò a visitare i malati seguiti dal suo reparto casa per casa. Tutti i pazienti oncologici del professore, colpiti dalla polmonite da Sars Cov 2, superarono l’infezione. Erano “fragili”, indeboliti dal cancro e dalla chemio ma non sono morti di Covid, al contrario di migliaia di vittime, non fragili, abbandonate ai loro domicili, senza l’assistenza di un medico.

È questa una delle pagine più tristi della Sanità italiana dell’ultimo mezzo secolo. Non una pagina isolata però ma interconnessa a tutto il resto: il lockdown anche per i runner solitari; la proibizione di prescrivere farmaci da sempre utilizzati (idrossiclorochina, antibiotici, cortisonici), al punto da costringere medici come Cavanna a presentare ricorsi in tribunale; l’isolamento ingiustificato degli anziani malati nel momento della malattia e del trapasso; la negazione dell’estremo saluto ai familiari con la scusa risibile che una salma possa trasmettere un virus respiratorio; fino al ricatto-imposizione di vaccinazioni testate per 60 giorni e che dopo pochi mesi mostravano già la loro incapacità di “proteggere dalle infezioni”.

Il centro destra raccoglie una Sanità dolente, un budget ridotto (il Paese, ad esempio, non è libero di investire sul territorio tutte le tasse degli italiani, dovendo partecipare all’acquisto di vaccini stabiliti dalla UE, fino a 8 dosi di siero anti Covid per ciascun cittadino, anche quelle inutili, dunque, che una Corte dei Conti stigmatizzerebbe come spese in eccesso) e tanti presupposti apodittici spacciati per “verità scientifiche”. Una su tutte che chi vorrebbe valutare se vaccinarsi o meno, come è sempre successo, è stigmatizzato come un pericoloso untore. E guai, ancora oggi per certa stampa, “se la Meloni prestasse il fianco ai no vax”.

Ma chi sono i no vax? Quelli che impediscono agli altri di vaccinarsi? O che fanno lo sciopero fiscale perché contrari agli acquisti di tonnellate di punture? Quelli che si ammalano più degli altri? Niente di tutto questo. Sono chi sceglie se vaccinarsi o meno. Come è sempre accaduto. Non si tratta, dunque di criminali, né di pericolosi untori.

E veniamo alle dichiarazioni di intenti del partito di maggioranza. Marcello Gemmato, una laurea in farmacia, deputato di Fli dal 2018 e rieletto alla Camera, è responsabile Sanità del suo partito. Fa poche affermazioni. Le stesse che Giorgia Meloni aveva anticipato durante la campagna elettorale.

Sui medici

”Per offrire una concreta medicina di prossimità serve puntare sui medici di famiglia e i farmacisti dotati di strumenti diagnostici di base”. Gemmato cita lo stanziamento previsto nel PNRR per la telemedicina, da aggiungere ai 235 milioni previsti dalla Finanziaria 2020 per dotare i medici convenzionati di elettrocardiografi, ecografi, spirometri, saturimetri. L’obiettivo, per FdI, è una sanità territoriale realmente di prossimità, dove il cittadino non deve fare chilometri per raggiungere la casa di comunità “hub” o la sede di gruppo dove opera il suo medico di famiglia.

Sull’obbligo vaccinale

Non verrà rinnovato l’obbligo vaccinale di medici e personale sanitario, in scadenza il 31 dicembre.  “I dati ci dicono che la mortalità per il Covid riguarda persone dai 65 anni in su, si dovrebbe mettere in sicurezza gli anziani e chi ha problemi di salute. Vaccinare i bambini di 6 anni non ha avuto senso”. Sulla quarta dose dice: “Va bene raccomandare e non mettere più obblighi. Tra l’altro – aggiunge – Nelle menti dei più stolti, il vaccino imposto fa pensare che ci sia dietro un interesse delle multinazionali (la sottoscritta rientra fra gli stolti ma le fa piacere apprendere che il parlamento sarà libero di rifiutare qualcosina). Gli scienziati valutano i costi e i benefici e i cittadini si devono interfacciare con medico e farmacista. Lo dicevo già in commissione alla Camera (anche qui lo dicevamo: funzionava così quando medici e pediatri erano liberi di dirci, ‘questo vaccino non lo farei’…)”.

Sulle mascherine

“Sono utili ma bisogna valutare la circolazione del virus e decidere se consigliarle e dove. In ospedale sarebbe auspicabile che si mettessero in reparti dove ci sono persone fragili. Magari non in ortopedia ma in terapia intensiva».

Sul Green Pass

“Abbiamo sempre detto che non è stata una misura sanitaria e non partiva da principi scientifici. Anthony Fauci ha sostenuto già mesi fa che il vaccinato può contagiarsi e contagiare perché nella mucosa della bocca e nelle fosse nasali non ci sono immunoglobuline. Successivamente abbiamo visto che era vero, la gente si infettava comunque. Il fatto che siamo stati l’ultimo Paese a ripartire dopo il lockdown è perché abbiamo avuto una posizione ideologica e non scientifica. E infatti siamo tra i primi al mondo per mortalità e letalità”.

Il no alle imposizioni

La leader di FdI e la sua squadra intendono affrontare la pandemia senza più imposizioni. “Nel caso di recrudescenza della pandemia, l’Italia non sarà più l’esperimento del modello cinese Occidentale” aveva rassicurato Meloni in campagna elettorale.

Promesse ricevute, attendiamo i fatti. Un grazie anticipato.

 

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