Toh, con i risultati delle autopsie crollano i morti Covid
Chi l’avrebbe detto: dove sono state fatte le autopsie i decessi Covid diminuiscono di 4 volte.
E dove sono stati pubblicati i dati sulla mortalità generale (per tutte le cause) dei periodi pre e post pandemia, utili al confronto epidemiologico, si scopre che i morti Covid sono insignificanti e ricalcano quelli delle polmoniti.
Guardiamo l’abstract appena pubblicato sull’American Journal of Forensis Medicine and Pathology. Non è ancora disponibile il testo completo. Ma la sintesi è comunque illuminante. Dalle autopsie fatte sui cosiddetti deceduti Covid emerge che solo il 25.4% è morto di Covid, la stragrande maggioranza era solo stata trovata positiva al virus.
Si tratta di uno spaccato americano, i dati arrivano dal medico legale della contea di King, a Seattle.
La sorveglianza è stata condotta nelle case di riposo, gli autori hanno anche rilevato che i veri morti Covid avevano anche altre patologie: “Il confronto dei risultati autoptici dei deceduti per COVID-19 con quelli positivi al virus ma deceduti per altre cause ha dimostrato un aumento del rischio per i soggetti con malattie preesistenti”.
Da noi un lavoro simile non è ancora stato fatto e chissà se si farà. Ricorderete che le autopsie furono proibite e, a questo punto, a meno che le motivazioni non vengano chiarite dalla Commissione di indagine parlamentare, non sapremo nemmeno il perché.
Nella contea di King sono state fatte autopsie a 418 persone decedute positive al virus su 744. Di queste (solo) 106 erano morte per Covid come prima causa oppure come concausa. 106 su 418, ossia il 25%.
Se ne deduce che se le autopsie fossero state fatte anche da noi, invece di 180.000 morti in tre anni, oggi ne conteremmo 45.000 (!).
Il professor Stefano Petti, che ringraziamo per averci inviato l’abstract, ha indagato ancora trovando uno studio di coorte danese che permette di capire quanti siano i decessi Covid grazie a un confronto con la mortalità per tutte le cause. Ci ha spiegato Petti:
“Il sistema di sorveglianza danese, al contrario del nostro che ha iniziato a raccogliere dati dopo l’inizio della pandemia, riporta la mortalità nei residenti delle case di cura da parecchi anni, e infatti questo lavoro scientifico mostra la mortalità per tutte le cause (covid e non covid) a partire dal 2015”.
Ecco qui:
Mortalità per tutte le cause per anno (morti per 1000 residenti nelle case di riposo suddivisi per anno):
2015 35,3
2016 34,8
2017 35,7
2018 38,3
2019 37,0
2020 37,5
2021 38,5
Questo studio nazionale ha incluso i 135.501 residenti in case di cura danesi tra il 2015 e il 6 ottobre 2021.
Gli autori hanno scritto: “Il risultato principale di questo studio su scala nazionale è stato che, anche se un’alta percentuale di casi mortali di COVID-19 in Danimarca si è verificata tra i residenti delle case di cura, la mortalità annuale dei residenti delle case di cura nel periodo 2018-2021 ha avuto solo variazioni minime. Tuttavia, negli anni non pandemici dal 2015 al 2017 è stata osservata una mortalità leggermente inferiore rispetto agli anni precedenti. Per i singoli residenti delle case di cura, l’infezione da SARS-CoV-2 ha aumentato il rischio di morte sia nei residenti vaccinati che in quelli non vaccinati”.
Emerge subito che non appaiono le impennate di mortalità descritte da noi nel 2020.
“Non solo – ha aggiunto Petti – la mortalità del 2020 (37.5) è risultata assai più bassa che nel 2018 (38.3) e, sorprendentemente, nel 2021, con l’arrivo delle vaccinazioni è risultata più alta di tutti (38.5).
Se ne deduce che i morti Covid sono tutti deceduti per altre cause, altrimenti nel 2020 avremmo visto un picco di mortalità (morti per le solite cause + i morti covid) e invece il picco l’abbiamo visto nel 2021 durante la campagna vaccinale…”
Chissà chi risponderà alla più logica delle domande: come mai non si trovano gli stessi dati per l’Italia?