Doveva restare in vigore per un periodo di tempo limitato. Al termine del quale si sarebbero dovuti presentare e discutere i dati.

Invece, la Legge Lorenzin che nel 2017 ha introdotto l’obbligo di 10 vaccinazioni per poter accedere alle scuole dell’infanzia, è ancora in vigore. E né i genitori né le istituzioni sanitarie sono stati ragguagliati sul rapporto rischi-benefici di un simile provvedimento che – oltrettutto – da sette anni sta limitando il diritto alla socialità nei bambini fino a 6 anni.

A richiamare l’attenzione sulla legge da rivedere è stata la morte di pertosse di un ragazzino di 12 anni, Andrea Vincenti. Qui. Giocava a calcio, Andrea. Ed era stato vaccinato contro la pertosse, richiamo compreso. Ma quando si è ammalato – dimesso dal pronto soccorso per tre volte in 48 ore – nessuno ha saputo curarlo. Sul caso sta indagando la magistratura.

Ma veniamo al succo. “La pertosse può avere un decorso grave nei primi sei mesi di vita, non a 12 anni” ha evidenziato il pediatra Eugenio Serravalle che da anni, sul sito AsSIS, pubblica gli studi che mostrano la scarsa efficacia del vaccino e –toh, ricorda qualcosa?  – l’incapacità dello stesso di impedire le infezioni e di trasmetterle.

Serravalle, assieme a 28 associazioni ha firmato un appello rivolto al governo che trovate qui contro gli obblighi vaccinali privi di motivi scientifici validi (tanto più se non servono neanche a proteggere gli altri).

“L’obbligo vaccinale dovrebbe prevenire la malattia e il contagio; il caso di Andrea Vincenzi dimostra il contrario: nonostante fosse vaccinato, ha contratto la malattia ed è morto. Se un bambino vaccinato può comunque ammalarsi, se i vaccini possono causare reazioni avverse gravi, perché continuare a imporre un obbligo a tutta la popolazione pediatrica?” si chiedono i firmatari dell’appello (che sono medici, infermieri, ricercatori, sindacalisti, forze dell’ordine, danneggiati da vaccino).

Se il “ti vaccini per gli altri” è una fake news

“Si dice che oltre alla protezione individuale, del tutto assente in questo caso, i vaccini assicurerebbero protezione alla comunità: tramite un’alta copertura (≥95% per quasi tutti i vaccini pediatrici) si creerebbe l’“immunità di gruppo” o “di gregge”, senza precisare né quali vaccini la darebbero, né i dati epidemiologici delle diverse malattie. In realtà non possono fornire “protezione comunitaria” i vaccini contro tetano, difterite, polio IPV, epatite B, pertosse, haemophilus influenzae tipo B, meningite B, probabilmente influenza; e in parte anche quelli contro parotite e varicella, per il rapido decadimento dell’efficacia”.

Perché occorrono più studi sui vaccini rispetto agli altri farmaci

“Nonostante l’aumento del numero delle vaccinazioni, mancano ancora studi adeguati sia sulla sicurezza, a breve e a lungo termine, sia sugli effetti sulla salute dell’intera offerta vaccinale. I vaccini, che si somministrano a pazienti sani, dovrebbero essere testati in modo più rigoroso rispetto ai farmaci, perché non si somministrano per curare una malattia esistente ma per prevenire malattie, alcune ormai scomparse nel nostro Paese (poliomielite, difterite), altre impossibili da contrarre a due mesi di età (tetano ed epatite b in neonati da madre sana). Nonostante ciò, gli studi che hanno condotto all’autorizzazione al commercio di alcuni vaccini sono stati della durata di pochi giorni. Ad esempio:

HBV (Engerix-GSK)-4 giorni

HBV (Recombivax-Merck)-5 giorni

Polio (IPOL-Sanofi Pasteur)-2 giorni

Hib (Pedvax-Merck)-3 giorni

Hib (Hiberix-GSK)-4 giorni

Hib (ActHib-Sanofi Pasteur) – 30 giorni.

IMPORTANTE: i test per l’approvazione valutano solo i singoli vaccini ma i nostri bambini ne ricevono fino a otto contemporaneamente!

Conclude l’appello:

“In assenza di benefici per la Sanità pubblica, l’obbligo dei vaccini che non determinano immunità di comunità va subito sospeso.

Per gli altri (come morbillo e rosolia) dovrebbero essere disponibili i vaccini monovalenti.

Ogni genitore ha il diritto di prendere decisioni informate riguardo alla salute dei propri figli. L’obbligo vaccinale viola questo diritto fondamentale, imponendo un trattamento medico senza un reale consenso.

Invitiamo le autorità a riconsiderare queste politiche e a promuovere la libertà di scelta, il dialogo informato, il rispetto dei diritti individuali, oltre a confronti scientifici senza censure. La salute dei nostri bambini e la coesione della nostra società dipendono da approcci rispettosi basati sulla fiducia reciproca”. 

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