E se avesse avuto ragione Montagnier a sostenere che il virus Sars-Cov-2 è un prodotto di laboratorio? 

E se avesse detto il vero, il premio Nobel, quando nel 2020 dichiarò “di aver analizzato il genoma del nuovo virus a RNA e di aver individuato all’interno sequenze del virus dell’AIDS?

Ricordiamo che, nel periodo più retrogrado del nuovo millennio (anni 2020-22), il virologo francese fu sbeffeggiato pur di spazzare via l’ipotesi. Il solito “complottista stile Napalm 51” scrisse il portale del Cicap, “è un no vax”, dissero i più. “Da qualche tempo Montagnier è un po’ fantasioso” sentenziò Giovanni Rezza, dirigente sanitario impegnato sia all’ISS che al Ministero.

Invece. Guardiamo lo studio in cui si è imbattuto l’epidemiologo Stefano Petti e che è stato pubblicato da Frontiers in Immunology nel mese maggio. 

Scopriamo che le persone positive al virus HIV (quello dell’AIDS), che non hanno mai contratto l’infezione da Sars-Cov-2  (né  con sintomi del Covid, né tantomeno asintomatica), hanno una popolazione di linfociti T attiva contro il virus del Covid. 

Spiegazioni? “Se l’HIV appartenesse alla famiglia dei coronavirus si potrebbe pensare ad una omologia tra l’RNA dei due virus, ma non è possibile perché i due virus appartengono a due famiglie diverse e sono geneticamente lontanissimi” è certo Petti. 

“Va detto che lo studio nasce con la finalità di osservare l’effetto della vaccinazione anti-Covid nei soggetti con infezione da HIV ma in terapia antiretrovirale e, quindi, senza i sintomi dell’AIDS. Ed effettivamente la vaccinazione ha fatto produrre anticorpi anti Covid” ci ha spiegato Petti.

Ma è il primo step a risultare interessante, quello che il mondo della ricerca dovrebbe salutare come un esempio di serendipity (una di quelle scoperte che capitano mentre si cerca di approfondire qualcos’altro) e che ci dice che Montagnier aveva la vista lunga: 

“Sono stati reclutati pazienti positivi all’HIV e un gruppo di pazienti di controllo sani: è stato verificato sperimentalmente che nessuno avesse contratto l’infezione da Sars-Cov-2, nemmeno in forma asintomatica, o fosse stato sottoposto a vaccinazione.

Ebbene – ha chiarito Petti – i linfociti T dei pazienti HIV positivi prima della vaccinazione mostravano già un’attività citotossica contro le cellule infettate con il Sars-Cov-2. Non solo: questi linfociti impedivano anche la replicazione del virus. E rispetto alle persone del gruppo di controllo, i positivi all’HIV erano naturalmente protetti dal Covid. Un fenomeno che si potrebbe spiegare con un’affinità tra i due virus, l’HIV e il Sars-Cov-2”.

Ma guarda.

Stupisce che da maggio a oggi nessuno abbia commentato il lavoro di Frontiers in Immunology. Pubblicato sì ma sprofondato nel silenzio. Già, la propaganda si ripete all’infinito come uno spot, invece gli studi che la smentiscono si ignorano.

Stupisce anche che, nel mondo della ricerca, perlomeno apertamente, nessuno abbia pensato di indagare i presupposti di Montagnier: “Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma del nuovo virus a RNA – aveva dichiarato all’AGI il Premio Nobel nel 2020. – Non siamo stati i primi: un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra come il genoma completo di questo virus abbia all’interno delle sequenze di un altro virus, quello dell’AIDS”. E poi ancora: la sequenza del virus dell’AIDS potrebbe essere stata inserita nel genoma del Sars-Cov-2 per tentare di fare un vaccino: un lavoro da apprendisti stregoni ma la natura non accetta queste manipolazioni, eliminerà questi cambiamenti innaturali e anche se non si fa nulla, le cose miglioreranno, ma purtroppo dopo molti morti”.

Purtroppo, sui morti ha avuto ragione Montagnier. Per il resto ci accomodiamo sulla riva del fiume.



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