Chi ha dei figli in età scolare lo sa bene: con l’avvio dell’anno scolastico c’è una spesa ineludibile alla porta, ovvero quello dell’acquisto dei libri di testo scolastici. Si tratta di un mercato che fattura nel 2019 796 milioni di Euro (Fonte dati: Associazione Italiana Editori AIE), pari a circa un terzo del valore di tutto il mercato editoriale italiano. Sono quattro i player principali a dividersi il business in Italia: De Agostini, Mondadori, Pearson Italia e Zanichelli. Fin qui niente di nuovo: chiunque abbia memoria dei propri trascorsi sui banchi scolastici ricorderà bene che, già decenni fa, erano più o meno questi i gruppi interessati con le relative marche appartenenti (es: Rizzoli).

Il funzionamento di questo mercato è anomalo: si tratta infatti di scelte fatte dai docenti (e avallate dai consigli d’Istituto) che vengono poi “imposte” ai portafogli delle famiglie. L’Antitrust ha recentemente indagato sui meccanismi di promozione degli stessi presso i docenti, ovvero andando a vedere eventuali violazioni della libera concorrenza presso gli agenti di commercio che rappresentano ogni gruppo, con un mandato sostanzialmente monomarca (in teoria potrebbero promuovere testi di altri gruppi previa autorizzazione, ma così facendo temono la revoca del mandato). Non credo serva commentare questo meccanismo.

Quello che però voglio sottolineare sono 3 cose:

  1. nel 2021 ancora non viene scalfito da testi open source questo mercato che si basa su scelte (almeno in teoria) libere da parte dei docenti. Qualcuno ci ha provato in Italia, ma si tratta di fenomeni di nicchia
  2. nel 2021 ancora vige l’adozione nella maggior parte dei casi di testi cartacei (cui vengono affiancati dei moduli online) che gravano per svariati kg negli zaini e sulle spalle e colonne vertebrali degli adolescenti italiani
  3. ma soprattutto … nel 2021 ancora esiste il meccanismo di adozione dei libri nella primavera e l’acquisto in autunno, salvo scoprire che, essendo cambiato il professore in cattedra, il testo non è gradito e quindi i soldi dell’acquisto sono sostanzialmente “buttati”, dato che non verrà utilizzato. Non esistono stime in materia ma secondo me stiamo parlando di almeno 50 milioni di euro che vengono spesi inutilmente dalle famiglie italiane.

Va da sé che il continuo rinnovarsi delle edizioni spesso rende invendibile un testo a fine anno e che il mercato dei libri usati è sicuramente sottosviluppato in Italia. Credo che una riflessione e soprattutto delle misure che regolamentassero il sistema in questo campo, gioverebbe alle famiglie al pari degli aiuti che le regioni forniscono sotto forma di contributi agli acquisti di alcuni dei libri di testo. Chiaramente i gruppi editoriali potrebbero risentirne (con ricadute su tutta la filiera della produzione e distribuzione), anche se va tenuto conto che la vendita di testi digitali può produrre comunque margini più che interessanti.

La costruzione di un paese moderno passa anche da scelte che riescono a cogliere il senso delle innovazioni a disposizione.

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