Emergenza sicurezza. Facciamo una premessa, partiamo dai numeri. In tante occasioni mi sono trovato a snocciolare i dati, fredde ed impetuose sequenze di numeri, per non lasciare nulla al caso. Aumentano le rapine a mano armata? I furti? Siamo finiti in un saloon da spaghetti western? A quanto pare no. I banditi si sono rintanati? Sono scappati chissà dove in cerca di nuove mete? Anche questa è una mezza verità. I dati ci stanno parlando, gridandoci nelle orecchie, ed indicano che il numero di omicidi commessi nella nostra nazione è in discesa. L’Istat invece evidenzia il fatto che anche i furti e le rapine sono in calo ad ogni latitudine e longitudine italica. In tutta la penisola gli scippi nei negozi sono diminuite del 13,6%, da 6176 a 5337. Crollati anche gli “assalti” alle banche, niente più Bonnie e Clyde. L’Ossif, il Centro di ricerca ABI in materia di sicurezza, ha evidenziato come i borseggi compiuti nel 2015 in istituti di credito, uffici postali, tabaccherie, farmacie, esercizi commerciali, locali, esercizi pubblici, imprese della grande distribuzione e distributori di carburanti sono state 34.957, con un calo del 10.9% rispetto al 2014 e del 20,1% rispetto al 2013. Nel 2016 i colpi allo sportello sono stati 298, con un calo del 28,4% rispetto ai 416 dello stesso periodo dell’anno scorso. Eppure la percezione della sicurezza rispecchia questi valori? No, la gente si sente sempre più in pericolo. Non sa più a che santo votarsi, rimane la paura che non viene cancellata dai dati per quanto benevoli possano essere.
Il nocciolo della questione quindi non è la decrescita esponenziale dei furti e delle rapine, che secondo autorevoli istituti di ricerca sono sempre più in calo, ma la percezione della sicurezza da parte degli italiani. La certezza della pena è questo il problema. I reati calano, ma gli individui colti in flagrante che destino subiscono? Quello di rimanere a godersi ogni giorno ventiquattrore d’aria. L’Italia è il regno del ben godi dell’impunità. Ogni diecimila rapinatori ammanettati in questo Paese all’anno, per merito delle Forze dell’Ordine volontà di potenza, come direbbe Friedrich Nietzsche, nel portare avanti con dedizione e sacrificio totale il proprio mestiere, oltre la metà vengono rilasciati dopo dodici mesi dall’arresto. Ma volete arrovellarvi il fegato ancora un po’? Il 97% dei furti resta impunito. Avete letto bene. Significa che 97 rapinatori su 100 non vedono il carcere, nemmeno per un giorno. Eppure chi analizza la situazione, non evidenzia mai che in innumerevoli casi, mentre i colpevoli restano impuniti, le vittime non denunciano perché sfiduciati da un sistema che lascia i nostri concittadini in mezzo alla tempesta senza armi di difesa. “Tanto cosa vuoi che gli fanno?”. E la rabbia monta, fino a trasformarsi in collera.
Lo sapevate che tra i nostri confini viene consumato ogni due minuti, 120 secondi, un furto. Poi mi spiegheranno come questo tipo di reato possa essere in calo, ma questa è un’altra faccenda. Siamo diventati la corte dei miracoli targata disperati del terzo mondo. Attiriamo ogni sorta di delinquente, alla Igor il russo o il serbo o meglio due decreti d’espulsione, ma ancora in fuga nel ferrarese. L’UE scarica la feccia da noi, come se fossimo degli appestati. Un lazzaretto a cielo aperto, il tutto mentre la certezza della pena è una chimera irraggiungibile. Il sistema giudiziario fa acqua da tutte le parti. La colpa non è dei magistrati, come ho scritto a più riprese, ma di una classe politica incapace di donare, alle maestranze competenti, leggi e codici fruibili ed allo stesso tempo immediati da applicare. Una classe dirigente, la stessa che applaude l’europeista embrione della banche Macron in queste ore, volenterosa solamente di sbarrare la strada ai suoi figli per favorire, sempre e comunque, quegli degli altri. Un avvenire infausto per gli italiani. Siamo arrivati al punto in cui diventa, quasi, necessario diventare maestri della sicurezza fai-da-te per difenderci e difendere i nostri cari dalla mano del nemico.
Attenzione, però. Perché tutto, come in ogni occasione, è a nostro rischio e pericolo. E non parlo della legittima difesa notturna, orrore da beoni, ma della lucidità e della fermezza che ci vuole a tutelare quanto costruito in una vita di sacrifici. Il nesso logico è racchiuso nelle parole di Simone Di Stefano: “Non è questione di ‘proprietà privata’. La casa in cui vivo con la mia famiglia è un luogo SACRO, chi entra SENZA PERMESSO deve essere cacciato con ogni mezzo possibile. Questo vale anche per la nazione, luogo SACRO dove sono nato e vivo con il mio popolo”. Non possono trasformarci da vittime in carnefici è la natura che lo impone. Se entri in casa mia sono pronto a tutto. Mors tua vita mea. Senza muovere un passo indietro. Qui vengono tutelati maggiormente i delinquenti rispetto ai cittadini onesti. Che vergogna. Chi difende i propri affetti non può subire nessuna ritorsione da parte della legge. La miglior difesa è l’attacco ricordatelo sempre, in ogni circostanza. Le chiacchiere non servono a nulla, distraggono e basta. Intanto mentre il vociare aumenta, le richieste per il porto d’armi sono schizzate verso le stelle. Ed io sono favorevole, chiunque ne abbia i requisiti, deve essere dotato di un’arma perché difendersi è un diritto inalienabile. Ma è veramente questo quello che vogliamo, rendere l’Italia un teatro di duelli? Lo Stato deve ridestarsi, mostrare i muscoli ed indicarci la via. Lo Stato è un padre, ed un padre ha il diritto di difendere i suoi figli in ogni circostanza. www.ilgiornale.it