Si conclude il processo elettorale americano: il Collegio Elettorale ha certificato l’elezione a presidente di Joe Biden, ufficializzando l’esito del voto del 3 novembre dopo lunghe settimane di braccio di ferro e battaglie legali. Biden ha ottenuto complessivamente 306 voti dai Grandi Elettori contro i 232 di Trump.

Nel suo primo discorso subito dopo il voto del Collegio Elettorale Biden ha lanciato un appello all’unità del Paese, sottolineando che “è ora di voltare pagina” sulle elezioni, che sono state “oneste, libere ed eque. In America – ha aggiunto – i politici non prendono il potere, è il popolo che lo dà. La fiamma della democrazia si è accesa molto tempo fa in questa nazione e sappiamo che nulla, neppure una pandemia o un abuso di potere, può spegnere quella fiamma”.

Alla fine anche i leader repubblicani prendono atto che il nuovo presidente degli Stati Uniti è Biden. “Il collegio elettorale ha parlato. Da questa mattina il nostro Paese ha ufficialmente un presidente eletto e un vicepresidente eletto”, ha detto il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell. Quindi voglio congratularmi con il presidente eletto Joe Biden”. Possono sembrare parole di circostanza ma non lo sono. Nel Gop sin dall’inizio c’è stata massima attenzione nel non infastidire Trump, per non passare da traditore. McConnell ha parlato al Senato, dopo settimane di silenzio: “Molti di noi avevano sperato che le elezioni presidenziali potessero condurre a un risultato diverso, ma il nostro sistema di governo ha processi che determinano chi giurerà il 20 gennaio”. Il leader dei senatori del Gop al contempo ha elogiato i quattro anni di mandato Trump, sottolineando che lui e il vice Mike Pence “meritano il nostro grazie”.

Un altro senatore del Gop, Lindsey Graham, vicinissimo a Trump, fa sapere di aver già parlato con Biden: È stata una conversazione molto piacevole, ci sono cose che possiamo fare insieme, cose che non possiamo fare”. C’è qualcuno, a dire il vero, che continua a sperare che la macchina si possa inceppare, bloccando l’insediamento di Biden. L’ultima occasione sarebbe la certificazione dei risultati elettorali al Congresso, in programma il 6 gennaio: in quell’occasione deputati e senatori potranno sollevare obiezioni alle singole certificazioni degli Stati. Basterà un’obiezione scritta da parte di almeno un deputato e un senatore per costringere Camera e Senato a votare, decidendo su ciascuna disputa. Se non bloccare Biden la mossa potrebbe quantomeno ritardare la ratifica.

“Come ho detto durante la campagna elettorale, sarò il presidente di tutti gli americani. Lavorerò sodo per quelli che non hanno votato per me come per quelli che lo hanno fatto”. Lo ha scritto Joe Biden su Twitter all’indomani della ratifica della sua vittoria da parte del Collegio Elettorale.

E Trump? Continua a twittare e denunciare i “brogli”. Ha preso di mira le macchine per la conta dei voti in Michigan, dicendo che hanno un tasso d’errore del 68%. Twitter ha segnalato i suoi messaggi come controversi. Trump è andato avanti retwittando i messaggi di alcuni suoi sostenitori contro i brogli. Tra i bersagli preferiti c’è il governatore della Georgia Brian Kemp e il suo segretario di Stato Brad Raffensperger, entrambi repubblicani, già attaccati diverse volte da Trump per aver permesso la certificazione della vittoria di Biden in Georgia.

Il 5 gennaio in Georgia i democratici cercheranno di strappare i seggi ai due senatori repubblicani dello stato. I ballottaggi sono di importanza cruciale perché se i democratici dovessero conquistare entrambi i seggi si arriverebbe ad una situazione di parità al Senato, che con il voto della vice presidente Kamala Harris (formalmente presidente del Senato), vorrebbe dire avere la maggioranza per il partito dell’asinello. Le fortissime liti tra i repubblicani e il duro attacco che Trump ha rivolto contro il governatore senza dubbia non aiutano il Gop.

 

Foto: Lapresse

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