I ripetuti inviti affinché gli italiani si costruiscano una pensione integrativa cadono spesso nel vuoto, forse anche perché lo Stato  si mangia ogni mese circa la metà del nostro reddito, tra imposte e contributi previdenziali. Tanta voracità potrebbe far pensare che riceveremo dall’Inps assegni  “rotondi” una volta usciti dal mondo del lavoro. È tutto il contrario. L’ultima prova la fornisce un lungo studio del gestore di fondi immobiliare  Cordea Savills ma per tratteggiare un quadro drammatico bastano questi quattro numeri.

  1. gli investimenti immobiliari incidono per il 21% sul totale del patrimonio previdenziale italiano contro una media del 10% in Europa per un totale di 23,4 miliardi
  2. la previdenza pubblica, fra investimenti diretti ed indiretti, alloca circa il 60% del patrimonio, al netto dei crediti,  in immobili;
  3. la previdenza obbligatoria privata intorno al 30%;

Peccato – questo numero lo aggiungiamo noi –  che  la maggior parte degli immobili dati in locazione (come accade di norma per le case di proprietà degli Enti previdenziali) renda solamente il 4% al lordo di tasse e spese di gestione. In buona sostanza appena sopra l’inflazione. Un Btp decennale farebbe guadagnare di più.

Insomma la pensione complementare serve oggi pèiù che mai. E non è sbagliato pensare che, con scegliendo attentamento il profilo di rischio del fondo,  si riesca a spuntare un rendimento più elevato di quanto non ottenga il Pubblico. La previdenza complementare privata, infatti, investe in immobili  solo il 6,6% del proprio portafogli.

Wall & Street

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