Da una settimana stanno bloccando la Statale Postumia a Cittadella, in provincia di Padova. A loro non piace essere chiamati «forconi» perché hanno istanze diverse da quelle degli agricoltori meridionali. Loro vengono dal «profondo Nord», da quel Veneto un tempo democristiano che era tutto casa, chiesa e lavoro. Quel Veneto che aveva cercato un’ancora di salvezza politica prima nella Lega e poi in Beppe Grillo. E che ora non ha più un canale ufficiale attraverso il quale veicolare la propria diversità. E così piccoli imprenditori, operai e agricoltori da una settimana bloccano la Postumia e si aspettano una risposta dal governo di Enrico Letta. Mercoledì non vorrebbero unirsi alla protesta generale che si svolgerà a Roma. Ma se il Palazzo resterà silente, probabilmente non ci saranno molte alternative.   Wall & Street ha parlato con uno di loro, si chiama Stefano Ceretta e di professione è agente immobiliare.

Signor Ceretta…

«Alt! Voglio che mi si chiami Stefano, solo con il mio nome perché non vogliamo personalismi nel nostro movimento. Siamo un presidio composto al 70% di piccole partite Iva,operai e agricoltori. Non facciamo e non vogliamo fare politica, siamo persone comuni, per cui chiamarci con il cognome non serve. Anche per questo motivo non vogliamo né partiti né sindacati al nostro interno?»

Allora Stefano, perché anche nel tranquillo Veneto vi siete «incazzati»?

«Non ci sentiamo più rappresentati. Ma abbiamo un grande problema fiscale. In tutto il mondo lo Stato aiuta le imprese, qui in Italia si fa di tutto per affossarle. Coloro che dovrebbero difenderci, la sinistra e i sindacati, non capiscono che per proteggere i lavoratori non bisogna destinare risorse alla cassa integrazione, ma alle imprese».

Che cosa significa?

«Diciamo basta alla persecuzione di Equitalia! Ma lei lo sa che se un commerciante o un imprenditore ampliano la superficie del loro locale – ad esempio da 100 a 150 metri quadri – il fisco pensa che solo in virtù di questo investimento i ricavi debbano automaticamente aumentare? E così le imprese chiudono per colpa dell’Agenzia delle Entrate».

E poi?

«Vorremmo che il governo destinasse eventuali risorse non alla cassa integrazione ma a diminuire il carico fiscale. Altrimenti le aziende continueranno a fuggire in Carinzia o in Slovenia per sopravvivere. Anche perché lì gli imprenditori sono accolti con uno sconto fiscale non con una marea di tasse. Letta potrebbe fare tutte queste cose immediatamente: fermare Equitalia e, per lo meno, non aumentare le tasse».

Perché non lo spiegate ai politici?

«Sono sempre in ritardo, pensano alla legge elettorale mentre c’è chi fa la fame perché è stato costretto a chiudere la sua piccola impresa perché non ce la faceva a pagare una cartella. Bisogna tenere conto che ci sono tanti artigiani che rinunciano a comprare un furgone o un nuovo macchinario perché sanno che in quel caso il fisco chiederebbe loro  almeno 20.000 euro di tasse in più. Perché il ragionamento di quelli dell’Agenzia delle Entrate è: “Se investi, sei ricco e allora devi pagare”».

Ma cosa vorreste?

«Nessuno ha pensato a un sostegno per gli imprenditori che hanno perso tutto. Io ho 45 anni, se chiudo lamia attività, che cosa faccio? Ok allo spesometro perché se uno spende 50.000 euro e ne dichiara 20.000 di reddito, allora è giusto che paghi, ma non si può pensare di penalizzare l’imprenditorialità. Sapeste quante aziende ci sono che vorrebbero assumere, ma che non lo fanno altrimenti si “sballa” lo studio di settore e dovrebbero pagare una marea di tasse. Ecco perché c’è ancora tanto lavoro nero e perché molte aziende tendono a restare piccole, ma chi resta piccolo è destinato a moriere prima o poi. La crisi ormai è passata, ma in nome della lotta all’evasione ci stanno massacrando».

Ma voi non ce l’avete anche con le banche?

«Chi è restato in piedi fino a oggi ce l’ha fatta nonostante la crisi, nonostante l’euro, nonostante la concorrenza sleale della Cina e nonostante le banche che non fanno credito. Il problema è che oggi Equitalia ti fa chiudere».

Perché le associazioni imprenditoriali vi sono ostili?

«I grandi di Confindustria con lo Stato riescono a mettersi d’accordo, soprattutto sulle tasse. E se un piccolo imprenditore chiude, per loro c’è anche un concorrente in meno. Ci sarebbero anche le associazioni più piccole, ma commercianti e artigiani hanno deciso di scendere direttamente in piazza perché non ce la fanno più. Non hanno consultato nessuno e quindi si sono attirati le antipatie anche delle altre confederazioni».

Andrete a Roma mercoledì?

«Non vorremmo farci strumentalizzare da “infiltrati“, spero che il governo faccia in fretta e intervenga prima. Letta e il ministro dell’Economia Saccomanni hanno tutto il tempo per fare qualcosa. Noi veneti  siamo quelli che ci vendiamo la casa per mandare avanti la fabbrica. Siamo quelli che si suicidano perché sono costretti a chiudere bottega. Noi vogliamo solo tornare in fabbrica. Questo è veramente l’urlo dei muti. Vuole sapere come mi sento? Come la moglie del poliziotto ucciso nell’attentato a Falcone».

(Si chiama Rosaria Schifani. Durante le esequie ufficiali disse: «Allo Stato chiedo che venga fatta giustizia. Agli uomini della mafia, io vi perdono ma vi dovete mettere in ginocchio»)

Wall & Street

 

 

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