Decreto Lavoro, la Cgil vince anche al Senato
«Non rinunciamo a dare battaglia». Il Nuovo Centro Destra alfaniano aveva promesso che al Senato il testo del decreto Lavoro, trasformato dal Pd in direzione favorevole alla Cgil, sarebbe stato rivisto. Insomma, la fiducia era stata votata «per senso di responsabilità», ma a Palazzo Madama si sarebbero fatti sentire.
E, invece, ieri alla Camera Alta è arrivata una nuova sorpresa. Gli otto emendamenti del governo, «benedetti» dall’ex ministro e presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi (Ncd), prevedono forti sanzioni per le imprese che non si attengono al divieto di assumere dipendenti a tempo determinato oltre il tetto del 20% di quelli a tempo indeterminato. Le aziende che sforeranno di un solo contratto pagheranno il 20% della retribuzione del lavoratore «per mese o frazione di mese superiore a 15 giorni». Se la soglia viene superata di più di una unità, la sanzione arriva al 50% della paga.
Ma non è l’unica «genialata» partorita dal governo Renzi a Palazzo Madama. Un altro emendamento stabilisce che le imprese avranno tempo fino al 31 dicembre per mettersi in regola con le nuove limitazioni sui contratti a termine, altrimenti non potranno stipulare nuove assunzioni a tempo determinato. Occorre segnalare, inoltre, un’altra retromarcia: l’emendamento del relatore Pietro Ichino (giuslavorista ex Pd ora Scelta Civica) sull’introduzione del contratto a tutele crescenti – con possibilità di licenziamento nei primi 36 mesi – è stato incorporato in un emendamento del governo e rimandato a un futuro «Testo unico semplificato sulla disciplina dei rapporti di lavoro».
L’atteggiamento filo-Pd degli alfaniani non è da interpretare come dettato dalla necessità di difendere il governo dagli attacchi dell’opposizione. Proprio ieri mattina Forza Italia ha presentato al Senato i propri emendamenti manifestando volontà dialogante. Le proposte di modifica, illustrate da Maurizio Gasparri, Anna Cinzia Bonfrisco e Alessandra Mussolini, sono improntate su due direttrici. In primo luogo, è stata «tradotta» in emendamento la proposta di Silvio Berlusconi di detassare le assunzioni di disoccupati di lungo termine e inoccupati (coloro che non cercano lavoro). Se approvata, la misura consentirebbe alle aziende di non versare contributi assistenziali e previdenziali per 5 anni. Il costo complessivo di 4,4 miliardi è spesato dal Fondo sociale per l’occupazione. Le altre proposte sono mirate alla salvaguardia dell’apprendistato e alla facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Gli emendamenti del governo non hanno preso gli azzurri in contropiede. «Nella resa di Sacconi c’è un esplicito invito a non assumere per non incorrere in costosissime penali», hanno commentato i tre senatori aggiungendo che «Sacconi, come la Fornero, fa pagare alle imprese la cambiale della Cgil». Forza Italia ha così presentato 4 subemendamenti per ridurre le sanzioni allo 0,1 e allo 0,2% delle retribuzioni nei due casi e per escludere gli apprendisti dal computo del tetto del 20 per cento per i contratti a termine.
Non è un caso se il più soddisfatto dalle proposte governative sia stato proprio l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano (Pd), artefice dello stravolgimento del decreto alla Camera. In totale sono stati presentati circa 670 emendamenti e lunedì la Commissione li voterà, mentre il giorno successivo il testo andrà in Aula. Vista la sostanziale intesa della maggioranza Pd-Ncd-Sc sugli emendamenti, al momento non si può escludere un’altra fiducia sul testo della commissione.
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