Dopo la disfatta dell’Italia parlare di calcio potrebbe sembrare un controsenso. Ma il Mondiale 2014 va avanti e c’è chi ha interesse a vincerlo non solo per ragioni sportive e di business, ma soprattutto per motivi economico-politici. E, in prima fila, ovviamente ci sono i padroni di casa. La nazionale verdeoro ha vinto, come da pronostico, il suo girone ma, se non fosse stato per l’immensa classe di Neymar, si può tranquillamente dire che le trame proposte dal tecnico Felipe Scolari sono state ampiamente deludenti. Certo, se paragonato all’Italia di Prandelli, il Brasile sembra di un altro pianeta. Ma, di sicuro, l’Olanda ha proposto un calcio migliore.

Ma torniamo a noi. La presidentessa del Brasile, Dilma Rousseff, conta proprio sulla vittoria dei Mondiali casalinghi (e l’aiutino nella partita d’esordio ne è stato un esempio) per farne uno spot elettorale e garantirsi la rielezione. Ce lo spiega molto bene Maarten-Jan Bakkum, esperto dei mercati emergenti per il gruppo Ing.

 

«La sconfitta del Brasile potrebbe dare un colpo di grazia a una campagna  elettorale già incerta. La popolarità del presidente Rousseff è diminuita molto negli ultimi mesi, nonostante le numerose misure in tema di sussidi e allentamento fiscale di cui ha beneficiato buona parte della popolazione. E anche l’aumento del 33% del salario minimo durante il suo mandato non è servito. In realtà, il presidente non ha mai goduto di ampia popolarità, ma ora che l’economia è in continuo peggioramento e l’occupazione inizia a contrarsi dopo anni di forte crescita, l’opposizione sta  guadagnando terreno. Dilma Rousseff non sarà assolutamente in grado di imporre una svolta all’economia prima di ottobre. Il contesto domestico per gli investimenti è troppo debole, così come la domanda estera per beni brasiliani. La speranza di una sua  rielezione si basa sulla fiducia da parte delle fasce di popolazione con i redditi minimi e sulla vittoria del Mondiale».

Cerchiamo ora di spiegare ancora meglio la lucida analisi di Bakkum. Il Brasile non è solo più forte dell’Italia nel calcio, ma è anche più forte economicamente. Ci ha scavalcati come settima potenza mondiale, ma la crisi ha nuociuto gravemente anche al Paese sudamericano. L’incremento del 7,5% archiviato dal Pil nel 2010 è ormai un ricordo del passato. Da allora, l’economia del gigante sudamericano ha vissuto momenti difficili. La variazione del Pil nel 2013 si è fermata al 2,3%, un livello sensibilmente più basso rispetto al range 4%-5% fissato dal governo. Nel 2013, l’indice Bovespa della Borsa di San Paolo ha avuto uno dei comportamenti peggiori a livello mondiale, accusando una contrazione di circa il 25 per cento. L’inflazione è al 6,7% (7,7% per i beni di prima necessità) e il saldo della bilancia commerciale (così come quello delle partite correnti) è diventato negativo.

Che significa? Che il Brasile vive grazie alla domanda interna sostenuta dal quindicennio di governi di centrosinistra che hanno mirato ad aumentare il potere d’acquisto dei brasiliani ed, effettivamente, ne hanno ridotto la povertà, soprattutto riducendo la disoccupazione che è al 5 per cento. I principali ostacoli agli investimenti stranieri, invece, sono costituti dall’eccessiva burocrazia, dalla corruzione e dalle carenze infrastrutturali (soprattutto trasporti). Queste ultime sono oggetto di programmi di sviluppo governativi, ma conservano ancora ampi margini di miglioramento. Permangono rischi legati alla criminalità e al narcotraffico.

Il Brasile, infatti, non è più attraente come una volta. Da quando la Fed americana ha ridotto l’immissione di liquidità sul mercato, gli investitori a stelle e strisce hanno abbandonato per prima cosa Rio. Ne ha sofferto la moneta locale, il real, e l’inflazione si è impennata con tutto ciò che ne consegue. Insomma, il boom è terminato e il Paese si trova in una situazione molto simile a quella dell’Italia degli anni ’70, se non peggiore.

Non è detto che la sconfitta nel Mundial sia di per sé una sciagura se dovesse portare alla sostituzione di Dilma. «Gli investitori – prosegue l’esperto – stanno cominciando a posizionarsi in vista di una possibile vittoria dell’opposizione riformista, il cui principale candidato, Aécio Neves, propone una politica economica drasticamente  diversa dall’attuale, limitando il ruolo del governo e cercando di ridurre inflazione e tassi di interesse cronicamente elevati  attraverso una riforma fiscale. Una vittoria di Neves sarebbe una notizia positiva per il potenziale di crescita del  Brasile e per il settore corporate. Un’opportunità per gli investitori, specie se il Mondiale non dovesse trasformarsi nel  grande successo che Dilma Rousseff si augura vivamente».

Neymar, stella del Barcellona assieme a Leo Messi, può quindi salvare Dilma e la sua baracca pericolante. Ma, dopo tanta sinistra, non è detto che un governo di centrodestra non sappia tenere a galla la barca. Noi facciamo il tifo per la divertente Olanda. Dopo che gli azzurri ci hanno deluso, non ci resta molto altro…

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