Uno sfratto costa fino a 10mila euro!
Nessuno mette in dubbio la spinosità e l’impatto sociale del problema casa, ma in Italia quando si parla di sfratti, è un po’ come se il totem della proprietà privata valesse un po’ di meno. Tanto da far apparire la nostra Penisola una culla (quasi) perfetta per gli sfrattati e un incubo per chi invece ha investito sul mattone o ha ereditato delle proprietà e ha l’idea di ricavarne un pur modesto reddito. Almeno per averne a sufficienza da sfamare l’Agenzia delle entrate tra Imu, Tasi e Tari. Il punto è il seguente: i proprietari di case alle prese con un inquilino moroso rischiano una perdita fino a 10mila euro e di dover attendere almeno un anno prima di riuscire a tornare in possesso del proprio immobile.
A fare i calcoli è l’osservatorio di Affitto Assicurato, società specializzata nel rilascio di contratti a tutela delle obbligazioni derivanti da contratti di locazione, considerando un affitto medio di 500 euro al mese, le spese condominiali e quelle legali. Dopo sette anni di crisi il mattone in Italia è pieno di crepe: i dati ministeriali relativi al 2014 hanno registrato, su base nazionale 77.278 sfratti, di cui il 90% per morosità, circa il 5% in più rispetto all’anno precedente.
«Ci sono due fattori da considerare dal punto di vista dei proprietari di immobili quando parliamo di morosità –nota Claudio De Angelis, amministratore delegato di Gestioni Sicure, che rilascia il contratto “Affitto Assicurato”: il danno pecuniario e i tempi della procedura. Se i tempi sono stabiliti dalla Legge e non esistono quindi margini di manovra per accorciare l’iter, sulle conseguenze economiche, invece, il proprietario si può tutelare con le tante soluzioni anti-morosità presenti sul mercato. La soluzione proposta da Affitto Assicurato permette al proprietario di recuperare il mancato pagamento dei canoni di locazione sino a un massimo di 12 mensilità, il pagamento delle spese legali sino a un massimo di 2mila euro e il pagamento dei danni arrecati all’immobile e le mancate spese condominali sino a un massimo di tre mensilità. È un prodotto che abbiamo studiato e perfezionato in questi anni a seguito dalle esigenze espresse dai proprietari e alla luce delle difficoltà nei pagamenti che impattano su qualsiasi settore, quindi anche sul mercato della casa».
Nel dettaglio, il danno economico medio per il proprietario in una cifra di 5mila euro, data dalla mancata corresponsione dei canoni di locazione (media calcolata su 10 mesi, dall’inizio della morosità alla data di convalida di sfratto comprendendo il termine di grazia di 3 mesi), in 1.200 euro le spese legali e in 1.000 euro per i danni. A queste si aggiungono le spese condominiali, spesso rilevanti. Per quanto riguarda i tempi, nella migliore delle ipotesi, lo sfratto comporta circa un anno di tempo perché il proprietario rientri in possesso dell’immobile considerando la fase di convalida dello sfratto, la fase esecutiva, che, con l’opposizione dell’inquilino a lasciare la casa, potrà “collezionare” diversi accessi da parte dell’ufficiale giudiziario; una fase che può prolungarsi per nove mesi.
Una situazione di questo tipo blocca il mercato: si stima che in Italia vi siano 3 milioni di case sfitte. A fare male è anche il morso del fisco sul locatore (Irpef e tassazione locale sugli immobili) e il (lungo) iter necessario per ottenere uno sfratto. Non per nulla Confedilizia, la lobby dei proprietari, segnala la gravissima situazione nella quale si trovano gli immobili locati da quando sono in vigore l’Imu e la Tasi. Basta dare un’occhiata alle tabelle allegate, rispetto al 2011 – ultimo anno di applicazione dell’Ici – un’abitazione affittata con contratto “libero” (4 anni + 4) paga oggi il 157 per cento in più di imposte patrimoniali (Imu e Tasi).
In caso di abitazione locata con contratto “concordato”, e cioè a canone agevolato, l’aumento è pari addirittura al 291 per cento. Imposte patrimoniali che si aggiungono, come non avviene negli altri settori, ai tributi sul reddito da locazione.
Se poi il proprietario non riesce neppure ad affittare la casa in questione, la situazione diviene addirittura surreale: quella casa, priva di qualsiasi redditività e fonte unicamente di spese, è soggetta a ben 5 tributi (Irpef, Addizionale regionale Irpef, Addizionale comunale Irpef, Imu e Tasi).
Per quanto concerne gli immobili non abitativi, la situazione è altrettanto grave. Le imposte, statali e locali (ben 7), raggiungono un livello tale da erodere fino all’80% del canone di locazione. Percentuale che arriva a sfiorare il 100% se alle tasse si aggiungono le spese (di manutenzione, assicurative ecc.) alle quali il proprietario-locatore deve comunque far fronte (senza considerare il rischio morosità).
«Se si vuole tentare di scongiurare conseguenze sociali ed economiche drammatiche – ha dichiarato il Presidente della Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – e se si vuole iniziare a restituire a coloro i quali in questi anni hanno dato più di chiunque altro, è necessario abolire la tassazione patrimoniale almeno sulle case date in affitto come abitazioni principali – le “prime case” degli inquilini, insomma – e contestualmente ridurre fortemente l’imposizione su tutti gli altri immobili locati. Si tratterebbe, del resto, di uniformare l’imposizione fiscale sui proprietari-locatori a quella di tutti gli altri contribuenti e operatori economici, che vengono tassati solo sul reddito che producono. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria urgenza del Paese. Confidiamo che il Presidente Renzi la colga in tutta la sua gravità».
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