Il terrore come prodotto di massa
Per anni si è parlato di come il terrorismo fosse organizzato in cellule completamente isolate e autonome, pronte a colpire a in qualsiasi momento. I recenti casi di Nizza e Orlando, unitamente quelli di Parigi dell’anno scorso, dimostrano che le specie si è evoluta attraverso la completa destrutturazione, per generare un vero e proprio terrorismo di massa. Lo slogan potrebbe essere «Anche tu puoi diventare un martire. Fallo ora!». Il canale di comunicazione è Internet. I bersagli della pubblicità: psicolabili, disadattati, personalità disturbate, come ne possono esistere a migliaia. Il comportamento dei due attentatori di Orlando è emblematico. Uno dei due controlla Facebook per vedere se qualcuno inizia a parlare della strage che sta compiendo, mentre l’altro posta un video, sempre su Facebook, pochi secondi dopo avere assassinato due funzionari francesi, dimostra come, oltre a esserci sempre dei pazzi influenzabili, la rete sia uno strumento potente per il terrorismo.
«Tutto ciò evidenzia due problemi enormi», sostiene Alessandro Curioni, esperto di nuove tecnologie, di sicurezza informatica e fondatore di Di.Gi. Academy. «Il primo è come si può oscurare la propaganda terroristica, il secondo riguarda le reali possibilità dell’intelligence di prevenire questo tipo di attentati». La questione legata alla possibilità di bloccare la diffusione di contenuti sul web, oltre a problemi tecnologici non trascurabili, ne pone anche di carattere etico. «Se si sviluppasse un sistema per oscurare istantaneamente dei contenuti, oggi sarebbe utilizzato per i terroristi, ma domani potrebbe essere usato contro chiunque», osserva Curioni. La seconda tematica amplifica una polemica che coinvolge sistematicamente le forze dell’ordine. Secondo i critici, le indagini successive agli attentati dimostrano che le informazioni per prevenirli sono sempre tutte disponibili, ma gli inquirenti non sono capaci di collegarle tra loro. «Chi si occupa di analisi su basi dati destrutturate sa perfettamente quali enormi difficoltà esistano nell’estrarre informazioni che abbiano un senso. Se poi si tratta di gesti di singoli, l’unica possibilità sarebbe mettere in piedi uno stato di polizia a livello mondiale, con arresti preventivi di centinaia di migliaia di persone», conclude. Entrambe le questioni ci mandano un unico messaggio: a quanta libertà siamo disposti a rinunciare in nome della sicurezza?
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