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Se le Borse europee continueranno a essere alle prese con il contraccolpo della Brexit su un pil  del vecchio continente già flebile e con l’ormai certo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve al massimo a dicembre, peraltro con Wall Street ai massimi storici, c’è una parte dell’economia mondiale che continuerà a crescere a ritmi sostenuti. O Meglio dovrebbe accelerare da qui a fine anno, e forse anche nel 2017, offrendo interessanti occasioni per diversificare il portafoglio di ciascuno di noi: si stratta dei titoli dei mercati emergenti. Attenzione però, stiamo parlando di un investimento di tipo speculativo, è quindi fondamentale scommettere su questo tipo di asset class sono una modesta parte dei propri risparmi sfruttando un Eft (i fondi passivi, scambiabili in Borsa come le azioni, che replicano l’indice cui sono agganciati come sottostante e applicano commissioni ridotte all’osso) o selezionando le occasioni migliori con un buon fondo attivo specializzato. Meglio quindi se, prima di decidere, si sente il parere di un consulente di fiducia.

Vediamo il contesto macroeconomico. Malgrado il rallentamento della corsa Cina, notano gli analisti, a spingere ci sono infatti sia la ripresa economica di Russia e Brasile, sia l’India, il cui pil procede saldamente la marcia grazie alla ripresa della crescita del credito da un lato e all’incentivo agli investimenti fornito dallo slancio riformista dall’altro.

Vediamo ora in modo più approfondito i singoli Paesi. In Cina il fatto che il Pil nel secondo trimestre sia rimasto inviato al 6,7% anno su anno – sostiene Craig Botham, specialista sugli Emerging Markets di Schroders  suggerisce che gli stimoli delle Autorità di Pechino hanno sostenuto la crescita con successo. Tuttavia, gli investimenti immobiliari hanno rallentato parecchio a giugno e sono diminuiti ulteriormente a luglio. In generale gli investimenti si sono indeboliti notevolmente. “Riteniamo, però, che un atterraggio brusco sia improbabile nei prossimi sei mesi, mentre tendiamo a essere meno positivi in un orizzonte di tre anni. Le crisi finanziarie sono tipicamente innescate da un improvviso arresto di flussi di capitale nel sistema”, prosegue Botham. Al momento manca infatti l’innesco di una eventuale crisi: i finanziamenti delle banche sono ampiamente stabili e derivano dai depositi dei risparmiatori. Inoltre il rigido controllo dei capitali intrappola i fondi nel sistema, limitando al contempo l’afflusso di capitale estero. Per quanto riguarda la politica valutaria, va notato che i deflussi di capitali sono diminuiti e che i mercati sembrano indisturbati dalla continua debolezza del renmimbi. Tutto ciò rende una grossa svalutazione meno probabile, quindi ci aspettiamo un deprezzamento graduale nel prossimo futuro.

In Brasile, gli ultimi dati macro suggeriscono che è in corso una ripresa di un qualche tipo, anche se passeranno ancora alcuni trimestri prima di registrare una crescita positiva. I PMI hanno invertito la rotta e anche la produzione industriale e le vendite al dettaglio hanno interrotto i trend di rallentamento. Nel corso del terzo trimestre, il contributo delle esportazioni nette al Pil dovrebbe continuare, anche se l’impatto positivo della moneta più debole inizierà a sfumare. L’aspetto più interessante sarà la performance degli investimenti, anche alla luce del rimbalzo dei dati sulla fiducia, arrivati su livelli che non si vedevano da fine 2014. “Possiamo concludere che la formazione di un nuovo governo ha ridato fiducia negli investimenti. In questo senso, la ripresa è però ostaggio di ulteriori sviluppi politici. Gli investitori farebbero bene a tenere un occhio su questo fronte in vista delle elezioni locali di ottobre e sull’impegno del governo Temer nei confronti delle riforme”, sottolinea lo specialista di Schroders.

Per quanto riguarda la Russia, l’outlook è quello di una ripresa graduale. “Ci aspettiamo una crescita positiva su base annuale entro il quarto trimestre e una performance complessiva positiva, anche se tenue, per il 2017. Il peggio legato al calo dei prezzi del petrolio è passato, ma l’economia russa deve risolvere alcuni squilibri strutturali se vuole tornare a crescere in un mondo dove il petrolio costa meno”. Il Paese va anche incontro ad alcuni aggiustamenti fiscali, visto l’obiettivo di pareggio di bilancio che richiede un consolidamento di circa il 4% del pil entro il 2020. Il piano prevede un taglio del deficit dell’1% del Pil ogni anno. In termini di politica monetaria, ci potrebbe essere spazio per un taglio di 50-100 punti base quest’anno, ammesso che il prezzo del greggio resti stabile.

In India è stato superato un grosso ostacolo: dopo un decennio di attesa, il Paese ha finalmente approvato una legge che spiana la strada all’introduzione di una tassa unificata su beni e servizi. Le implicazioni sono notevoli, visto che fino ad ora il mercato indiano è stato meno unito di quello unico dell’Unione Europea. Questa tassa unificata dovrebbe rimuovere un’ampia gamma di distorsioni e inefficienze, favorire gli investimenti, la crescita e il gettito fiscale nel medio-lungo termine. L’approvazione della legislazione è positiva per il sentiment e l’India ha molto bisogno di un’iniezione di fiducia negli investimenti. Infine è probabile che la Banca Centrale cambi posizione con il cambio al vertice del governatore Rajan. Il successore dovrebbe essere più “colomba”, il che potrebbe implicare tagli dei tassi o l’approvazione dell’utilizzo controverso delle riserve bancarie per la ricapitalizzazione degli istituti di credito in difficoltà, una pratica contrastata da Rajan. Meglio monitorare le conseguenze per l’outlook dell’inflazione.

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